Una campagna di
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La campagna WE NEED VAN ha come obiettivo quello di acquistare, per il Comitato dei Lavoratori delle Campagne e la rete Campagne in Lotta, un furgone da utilizzare come sportello ambulante su lavoro, documenti, casa e sanità nei territori della provincia di Foggia, della Piana di Rosarno, nel Napoletano e Casertano, per portare supporto ai braccianti agricoli vittime di sfruttamento in queste zone, epicentri della produzione agricola italiana ed europea.
WE NEED YES è il grido di lotta che i lavoratori agricoli hanno portato nell’ultimo anno davanti ai palazzi del potere e ai padroni , chiedendo un si alla richiesta di documenti, contratti regolari, case, trasporti.
Questa campagna si ispira alla loro forza e alla loro determinazione.
La rete Campagne in Lotta è un’unione di lavoratori e lavoratrici precari, stranieri/e e italiani/e, disoccupati/e, singoli/e o organizzati in collettivi, nata con l’obiettivo di mettere in connessione le lotte nelle diverse aree di produzione agro-industriale italiane e sostenere la lotta contro lo sfruttamento.
La nostra esperienza inizia nell’agosto 2011, all’indomani della rivolta di Rosarno (gennaio 2010) e dello sciopero di Nardò (agosto 2011) lotte che hanno in parte fatto emergere le durissime condizioni lavorative e socio-abitative alle quali erano e sono costretti i lavoratori e le lavoratrici delle campagne – ma anche la loro disponibilità alla lotta. Il percorso iniziato nell’Agosto del 2011 si intreccia ad altre esperienze di lotta, prima fra tutte quella dei facchini nel settore della logistica, e aspira a una loro ricomposizione lungo le filiere dell’ agroindustria ed oltre.
In questi anni la lotta dei braccianti ha visto molti avanzamenti, un grande diffondersi della coscienza di classe e del protagonismo di questi lavoratori, organizzatisi nel Comitato dei Lavoratori delle Campagne.
Blocchi, scioperi, manifestazioni, sono stati frutto di un lungo percorso assembleare che continua quotidianamente nei luoghi di vita dei braccianti, dando vita ad una lotta che ha già prodotto importanti vittorie, culminate con il blocco della fabbrica di pomodoro più grande di Europa, e con la manifestazione nazionale del 12 novembre scorso che ha strappato un incontro al Ministero degli Interni per trovare soluzioni alle richieste dei lavoratori. E la nostra lotta non ha nessuna intenzione di arrestarsi.
Nel corso degli anni, come rete abbiamo costruito e praticato interventi in diversi territori, soprattutto la Capitanata e la Piana di Gioia Tauro ma anche nella zona del saluzzese (provincia di Cuneo) alla regione del Vulture (provincia di Potenza), dalle province di Napoli e Caserta alla Piana di Sibari (Cosenza).
La provincia di Foggia in particolare rappresenta uno dei più grandi centri, italiani ed europei, della produzione agricola del pomodoro e dello sfruttamento ad essa legato. In Capitanata, viene prodotto il 40% del pomodoro italiano, ma questa produzione si basa tutta su un sistema di sfruttamento, povertà, marginalizzazione, senza il quale non esisterebbe il pomodoro Made in Italy.
La raccolta è affidata quasi totalmente a lavoratori immigrati, pagati mai più di 3,50 € a cassone per un lavoro devastante, costretti a vivere segregati in ghetti, senza accesso ad acqua, strutture sanitarie, elettricità, spesso intrappolati nella burocrazia dei permessi di soggiorno che produce irregolarità e rende più ricattabili allo sfruttamento.
Insediamenti spontanei, casolari abbandonati occupati o ghetti che nascono a ridosso dei centri istituzionali di “accoglienza”, abitati da lavoratori africani o provenienti dall’est-europeo sono diventati di fucine di manodopera a basso costo, ben note alle istituzioni, e a cui le uniche alternative da questi proposte sono state la costruzione di tendopoli e campi container. Altri ghetti, insomma, a cui i lavoratori si sono fermamente opposti. I luoghi di vita dei lavoratori sono quindi distanti, sperduti fra le campagne, per raggiungere i quali chi, come noi, è impegnato assieme ai lavoratori dei ghetti nella lotta, deve munirsi di un mezzo di trasporto autonomo, indipendente e funzionale.
La Furgona era un furgone camperato acquistato da una compagna membro della Rete, fin da subito messo a totale disposizione degli interventi in Capitanata, in Calabria e in tutti gli altri luoghi dove vivono, lavorano e lottano i braccianti.
Era una Furgona, donna perchè così è nata e questo aveva scelto di essere, perchè sosteneva, oltre alla lotta allo sfruttamento lavorativo, quella contro l’oppressione di genere.
In questi anni la Furgona ha trasportato militanti e lavoratori da e verso i luoghi di lavoro e di vita, verso le assemblee e le mobilitazioni, presso i palazzi del potere dove pretendere diritti, presso ospedali e luoghi di cura dove venivano forniti servizi. Ha facilitato la mobilità, ha trasportato materiali informativi sui diritti dei lavoratori in campagna e delle sex workers, sui diritti sanitari e sui documenti. Ha forato gomme, si è ammaccata, impolverata, fatto visita a varie officine meccaniche del sud Italia, ma si è sempre rialzata per continuare a lottare.
Tutto questo fino ad una mattina di fine giugno del 2016, giorno in cui la Furgona è stata rubata. Non siamo, ahi noi, riusciti mai più a ritrovarla, e questo ha lasciato un vuoto enorme in tutte e tutti noi, ma soprattutto ci ha lasciati con un problema gigantesco:
come fare a spostarci nelle campagne sperdute per raggiungere i lavoratori e sostenere la loro lotta?
Per tutti i motivi citati in precedenza, la furgona risulta un mezzo estremamente utile dal punto di vista logistico e organizzativo. Essa permetterà di raggiungere i vari “ghetti” e luoghi dove i lavoratori vivono, trasportare materiali informativi, continuare a svolgere l’attività di sportello sui diritti del lavoro, su permessi di soggiorno e residenze, questioni legate a casa, trasporto, sanità.
Tutto questo in un’ottica lontana dall’assistenzialismo e dalle dinamiche di cura umanitaria, ma in vista di una condivisione di esperienze, conoscenze, pratiche che i militanti e i lavoratori si scambiano e apprendono a vicenda. Mettere in collegamento i lavoratori che vivono in luoghi lontani, facilitarne la mobilità, permettere che si incontrino, partecipino ad assemblee assieme e si organizzino per la costruzione di pratiche di lotta è il contributo fondamentale che la furgona darà al lavoro del Comitato dei lavoratori e della Rete Campagne in Lotta che lo sostiene.
Per quanto ci riguarda, è il contributo alla demolizione di un pezzetto di sfruttamento capitalista, e alla costruzione di nuovi rapporti di forza.
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