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“40 giorni” rappresenta lo spaccato potente di una grandissima forma di protesta, quella della violenza sulle donne e degli abusi di potere di cui la cultura patriarcale si serve. Ma è soprattutto la storia di quattro ragazze che fanno della loro resistenza un atto di autodeterminazione e di creatività in grado di smascherare meschinità e connivenze, all’interno di un luogo deputato alla cultura e all’istruzione, per poi scoprire che più grande è la denuncia, più grande è la repressione.
I “40 Giorni” sono quelli dell’occupazione dell’Accademia di Belle Arti di Napoli durante i quali un gruppo di studentesse svela, attraverso il segno indelebile dei loro corpi impresso sui muri della scuola, le molestie e gli abusi subiti da oltre sette anni da parte di due docenti, rendendo la denuncia così insopportabile agli occhi del mondo tanto da attivare un meccanismo di censura immediata.
Una scelta coraggiosa è quella di dare voce e volto alle ragazze che hanno realmente vissuto questa storia e che attraverso il mezzo cinematografico tornano a urlare lì dove era stato imposto loro il silenzio di un muro imbiancato: il muro al III piano dell’Accademia è un’opera disarmante nella sua didascalia e ci ricorda che parole come abuso di potere e molestienon sono parole vuote.
Il cinema, con la sua potenza, può arrivare laddove le istituzioni non hanno voluto, ma per farlo c’è bisogno di una grande arma: la collettività, la voce e il supporto di chi comprende quanto sia vitale combattere questa causa.
Gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) costituiscono una serie di 17 obiettivi concordati dall'Organizzazione delle Nazioni Unite.
Parità di genere: raggiungere la parità di genere attraverso l'emancipazione delle donne e delle ragazze.
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