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Che esperienze potrebbe fare Alice cresciuta, orfana del paese delle meraviglie, e precipitata nel traffico e nel caos esistenziale e rotatorio di una famigerata Piazza di Roma?
Alice da grande è uno spettacolo multimediale e fiabesco che racconta in chiave surreale gli scontri col difficile e ormai precario mondo del lavoro, il bisogno di ricerca e di autenticità nella propria vita, i disagi della scelta creativa.
In questa favola irrequieta eppure fiduciosa, c’è anche un gatto del Cheshire che si dilegua non appena il quotidiano incalza. Sfuggendo lascia però una traccia da inseguire: una coda guizzante e appena percettibile, come un sogno, che le permette ad Alice di “attraversare lo specchio”
Uno spettacolo onirico, che racconta il viaggio della protagonista alla ricerca della creatività perduta. “Alice da grande” si inscrive nell’alveo di quel realismo magico di buzzatiana memoria, fra realtà e magia.
Una scena essenziale, sulla quale si collocano una seduta che è un trono metafisico scolpito nel legno, abiti appesi, una valigetta, un dialogo musicale, e l’attrice che dà a ciascuno di questi oggetti e a sé stessa un ruolo via via corporeo, etereo, danzante, clownesco, raccontando una storia che è un percorso di consapevolezza ma anche una vertigine sognante, attraverso immagini in video, corpo e voce. Il racconto ruota e si snoda intorno a Piazza re di Roma, che è luogo fisico e dell’anima.
Alice da Grande è un sequel di una piccola Alice nel paese delle Meraviglie che una volta cresciuta si muove stordita ma piena di energia in una città non città, capitombolando, e danzando nella caduta, nella selva dei sogni, delle ambizioni, e dei progetti, e di quella difficoltà che gli attori e i poeti hanno nel riconoscersi cittadini della modernità. Alice da grande è anche una surreale e graffiante critica dell’alienazione da contemporaneità.
Multinazionali onnivore annientano l’individuo, mentre nell’emarginazione sociale risorgono prepotenti le necessità più profonde: arte, istanze creative, bisogno di abbracciare la complessità, liberazione graduale dall’approvazione, ricerca di autenticità.
“Gli uomini hanno abitudini. Le donne anche. (….) Tutti hanno sane abitudini che concernono il
loro sopravvivere quotidiano. Io, non so perchè, no!”
(da “Piazza Re di Roma”, di Bruna Mandolino)
Mediamente, quando in teatro si leva il sipario su un monologo femminile, ci aspettiamo contenuti
che riguardino la condizione della donna, vuoi dal punto di vista della violenza di genere, anche
psicologica, vuoi dal punto di vista della discriminazione sociale. E sul filo rosso che collega questi
due aspetti.
Stavolta, invece, l'argomento è diverso. In ALICE DA GRANDE si parla della alienazione e della
conseguente normalizzazione dell'individuo nel mondo del lavoro, a scapito della creatività e dello
sviluppo delle qualità personali. Il viaggio di andata e ritorno che si compie nella piece, tuttavia, è
compiuto da una donna ben specifica, qui assimilata alla ben nota Alice di Carroll. E quindi donna
“fiabesca” per dna personale, priva degli automatismi necessari alla vita pubblica e privata della
nostra società tecnologica, e portata nonché esposta per natura a lottare con la “materia” in ogni sua
derivazione.
Trattandosi della ripresa di uno spettacolo già realizzato, ho scelto di non intervenire nelle scelte di
fondo preesistenti, ossia la multimedialità della messinscena nei suoi aspetti visivi e musicali.
Permangono intatti, pertanto, i filmati onirici realizzati dalla stessa autrice Bruna Mandolino e la
parte musicale dal vivo, composta e suonata da Maurizio Ponziani.
Compito che mi sono dato è stato quindi mediare tra la pagina scritta e il racconto recitato, tra la
Mandolino autrice e la Mandolino interprete, tra biografia e spettacolo. Concretamente calibrando la
recitazione affinché ragionamento e poesia fossero compensati da sentimento e ironia. Al fine di
restituire il testo nelle molteplici sfaccettature che lo innervano.
Un famoso filosofo tedesco, nell'800, diceva e scriveva che “l'uomo è ciò che mangia”, volendosi
riferire al predominio della “materia” sullo spirito. Come dire, banalmente: se mangi bene, non solo
non muori di fame, ma sei più sano, più bello, più buono e più intelligente, più tutto. In una epoca in
cui la lotta contro la fame riguardava la maggioranza della popolazione della vecchia Europa, tale
posizione filosofica era addirittura rivoluzionaria. In tempi più vicini, mutatis mutandis, si è spesso
sentito dire, a proposito delo stesso predominio di cui sopra, che “l'uomo è quello che fa”....
In questo testo, e mi auguro in questo spettacolo, sembra di poter cocludere che invece, ci piaccia o
meno, l'uomo fa, o torna gradevolmente a fare, esattamente quello che è.
(dettagli non definitivi)
Man mano daremo notizia delle spese coperte coi fondi raccolti
Info:3207211853
Gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) costituiscono una serie di 17 obiettivi concordati dall'Organizzazione delle Nazioni Unite.
Rafforzare le modalità di attuazione e rilanciare il partenariato globale per lo sviluppo sostenibile.
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