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Il fatto che si “tolleri” qualcuno è lo stesso che si "condanni". La tolleranza è anzi una forma di condanna più raffinata. Infatti al “tollerato” (…) si dice di far quello che vuole, che egli ha il pieno diritto di seguire la propria natura, che il suo appartenere a una minoranza non significa affatto inferiorità eccetera eccetera.
(…)
Nessun suo sentimento, nessun suo gesto, nessuna sua parola può essere “tinta” dall’esperienza particolare che viene vissuta da chi è rinchiuso idealmente entro i limiti assegnati a una minoranza (il ghetto mentale). Egli deve rinnegare tutto se stesso, e fingere che alle sue spalle l’esperienza sia un’esperienza normale, cioè maggioritaria.
PPP
Mi chiamo Marina e ho iniziato a fotografare da adolescente, ispirata dalle immagini di un caro amico che proprio in quegli anni iniziava la sua carriera. Dopo il Liceo Artistico, ho studiato all'Accademia di Belle Arti di Torino diplomandomi in Grafica con il massimo dei voti, la lode e mille progetti. Uno di questi è DeGenere, che ha avuto modo di sbocciare e iniziare a concretizzarsi sotto lo stimolo del Corso di Formazione Avanzata in Fotografia presso lo IED di Milano.
Ogni anno, infatti, il prodotto finale di questo percorso è un'esposizione dei lavori degli studenti, accumunati da un unico tema scelto durante i primi mesi. Quest'anno il tema è Confini e non appena ho iniziato a riflettere sul concept è stato come se il destino, o chi per lui, mi avesse offerto quella scarica di energia necessaria a mettere insieme i pezzi di qualcosa che era già lì da tempo.
Credo che l’arte sia comunicazione.Quello che spero di raccontare con questa serie fotografica è che i confini non esistono. O meglio, noi siamo i confini di noi stessi. Ognuno dei partecipanti al mio progetto ha una storia, intima e personale, che parla di confini stabiliti, superati, tra la propria identità e il retaggio culturale.
Ciò che esula da questi confini, talvolta può apparire perverso, eccentrico, degenere. Ciò che vorrei fare con questa serie fotografica è ritrarre e documentare storie di fierezza e di gioia, come in una versione queer di August Sander.
Ho bisogno di voi per:
affittare la sala pose
rimborsare i partecipanti che per raggiungermi dovranno viaggiare
ottenere delle buone stampe
pubblicizzare il progetto e diffondere questi racconti
Ogni singolo contributo sarà ricambiato con una piccola stampa.
Il vostro nome comparirà inoltre tra i ringraziamenti di questo portfolio.
Aiutatemi a raccontare le storie di persone bellissime, sbagliate, degeneri.
Don't dream it, be it.
L’accesso alla gallery è riservato ai sostenitori del progetto.
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