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A Marzo del 2015, nel quartiere Materdei, è stato riaperto ed occupato uno degli edifici storici più grandi di Napoli. A sette anni dalla chiusura, l'ex-ospedale psichiatrico giudiziario di Sant'Eframo, una struttura carceraria ricavata dalle mura antiche di un vecchio monastero del '600, giaceva in un stato di degrado e di completo abbandono, senza alcun progetto di recupero né di riqualificazione urbana.
Il collettivo di studenti universitari che l'ha occupato, insieme agli abitanti del quartiere, ha denunciato fin da subito le condizioni di degrado dell'edificio, riuscendo a ripulire e recuperare diverse zone del carcere e adibirne gli spazi ad uso civico e condiviso, trasformando quello che per secoli era stato un luogo di pena e di sofferenza in un posto più vivo e colorato che mai, accogliente e aperto a tutti.
Quando siamo entrati all'ex-opg Je so' pazzo, ad un anno dall'inizio dell'occupazione, ci siamo resi conto fin da subito del valore storico e del significato simbolico che quelle mura e quei cancelli riaperti rappresentavano, e abbiamo sentito forte la necessità di documentare tale trasformazione, ogni giorno più concreta e partecipata, e di andare più a fondo sulla questione della memoria dimenticata di Sant'Eframo, e degli opg.
Poi abbiamo conosciuto Michele e la sua storia. La sua preziosa testimonianza è divenuta subito la parte più significativa della nostra ricerca. Con lui è iniziato il nostro viaggio nella memoria dell'ospedale psichiatrico giudiziario, negli anni in cui Michele era lì dentro come internato e annotava i suoi pensieri, le poesie, gli sfoghi e le lettere, nelle pagine del suo diario. Il suo racconto ci ha coinvolti ed emozionati fin da subito, le tracce del suo diario ci hanno regalato una testimonianza umana diretta, e poetica, a volte straziante, di quello che succedeva dietro quelle mura, dentro quelle celle.
“Quand'anche fosse son pazzo e allora?
Mi rimane un tanto per essere felice,
mi rimane un tanto per le mie sofferenze,
mi rimane un tanto per dire ho un amico,
per dir ti voglio bene,
ti odio, ho paura
ed altro ancora...
Mi rimane un tanto per dire:
sono un uomo”.
(Michele Fragna)
“Chi lo avrebbe mai detto che qui dentro un giorno ci sarebbero entrati dei bambini” dice Michele guardandosi intorno mentre ci accompagna attraverso i chiostri dell'ex-opg, verso le celle che conosce fin troppo bene. Scrivere gli ha reso più sopportabile l'inferno della detenzione in un luogo che, come lui stesso dice, gli apparterrà per sempre. Era l'unico momento in cui si sentiva libero, quando scriveva. La sua voce, i suoi ricordi, la sua presenza intensa e delicata al tempo stesso, ci accompagnano tra le urla e le sofferenze al tempo in cui Sant'Eframo era un opg: le botte, l'abuso di psicofarmaci, i letti di contenzione, il senso di abbandono ed oblio istituzionale e i tanti, troppi, suicidi di uomini dimenticati da tutto e da tutti.
Noi siamo lì, con lui, e cerchiamo di registrare tutto, soprattutto il silenzio: ogni sua parola, ogni sua esitazione o sospiro; lo seguiamo senza fargli troppe domande, lasciandolo libero di condurci dove vuole tra gli spazi angusti delle celle. Giriamo senza una scaletta premeditata, senza fretta, quasi a voler sparire dietro il suo racconto intimo e personale, e denso di emozione.
Le pagine del suo diario compongono la crono-storia della sua detenzione, durata 5 anni. Sono tracce indelebili della sua memoria e di quella di Sant'Eframo, forse le più significative tra quelle rinvenute e conservate fino ad oggi.
Al racconto e alle memorie di Michele, si alternano le immagini ed i suoni del presente: dei ragazzini che giocano a calcetto e delle voci, dei volti di tanti gruppi di persone, di età e di provenienze diverse, che riempiono gli spazi in continua trasformazione di un luogo che sembrava destinato al silenzio e al degrado, e che oggi è pieno di attività e di nuovi abitanti che lo attraversano, e lo curano, tutti i giorni.
Rosa, una ragazza del collettivo Je so' pazzo ci dice che a loro piace definirla una “casa del popolo”: uno spazio in cui incontrarsi anche per migliorare la qualità della vita delle persone, per confrontarsi sui problemi e sulle esigenza comuni, a partire dai più bisognosi. L'ex-opg è vissuto e attraversato da una comunità sempre più numerosa ed eterogenea: studenti, lavoratori, disoccupati, immigrati ed abitanti del quartiere si riuniscono nelle diverse assemblee, durante le iniziative politiche e gli eventi culturali che si svolgono dentro e fuori le mura di Sant'Eframo.
Luca, un ragazzino del quartiere, ci dice con fierezza che lui preferisce venire a giocare all'ex-opg, da quando è stato riaperto, piuttosto che stare in strada a “fare guai”; qui le attività sono tutte gratuite e l'ambiente è molto protetto, familiare. Per questo all'ex-opg Je so' pazzo è stato creato anche un ambulatorio medico, una sportello ed una scuola d'italiano per immigrati, una camera del lavoro. Sono tutti strumenti, e spazi, che nascono dalla voglia di produrre un cambiamento reale, e di farlo insieme. Perchè all'ex-opg la politica si fa nei fatti, con ed in mezzo alla gente, e crea occasioni di riscatto, di crescita e di relazioni solidali. Poi ci sono le attività ricreative e sportive, quelle della palestra popolare, e quelle artistiche e culturali condivise nei vari laboratori e nel teatro, tutte gratuite e molto partecipate.
I luoghi sono contenitori di sogni, di ricordi, d'immaginari intimi e collettivi. I luoghi hanno un'anima quando hanno anche una storia da raccontare, perchè significa che qualcuno li ha vissuti. I non-luoghi, invece, che siano essi attraversati tutti i giorni oppure abbandonati, sembrano senza memoria. L'ex-ospedale psichiatrico giudiziario mi è sembrato fin dall'inizio una specie di non-luogo. Forse per via dello stato di degrado in cui versa da decenni, o forse perchè è da sempre un luogo segregato, inaccessibile, di reclusione e sofferenza. Sant'Eframo è per metà carcere e per metà monastero, ma quello che dà subito all'occhio è la sua imponente grandezza, piena di angoscia e di mistero.
Nel 1975, con la riforma del sistema penitenziario, cambiò solo il nome in Ospedale Psichiatrico Giudiziario (OPG), ma già nel 2000 fu ritenuto inagibile e venne lentamente svuotato fino alla chiusura definitiva del 2008.
Quando sono entrato per la prima volta, la prima sensazione che ho avuto è che il tempo si fosse fermato. Le mura con le finestre sbarrate, i portici con le lunghe arcate ed i chiostri con i pozzi e le piante; le gabbie di ferro nelle ore d'aria, i piccoli oblò delle porte blindate, per tenere sotto controllo i detenuti: è un luogo che ti chiude lo stomaco, antico ed impenetrabile, finora rimasto inaccessibile, che sembra celare molti segreti. Molte ombre, dietro le finestre, nel buio delle celle.
Le divise dei detenuti, le fasce per legarli ai letti di contenzione, archivi e documenti storici, lettere e affetti personali, pile di cartelle mediche sono state rinvenute tra depositi di rifuti, sotto la polvere, in mezzo al degrado.
Il documentario di creazione Je so' pazzo è una piccola pazzia produttiva. Fatto con poco, in poco tempo, scritto in corso d'opera, girato e montato dal regista Andrea Canova, è un film che crediamo sia stato urgente e necessario realizzare, con sguardo diretto e sincero, e respiro autoriale, oltre che con mezzi assolutamente “leggeri” e sostenibili. E' prodotto dalla nostra etichetta di cinema e teatro indipendente InbilicoTeatro e Film, che ha sede a Napoli. Tale progetto si è basato fin da subito su un rapporto di disponibilità, intesa e collaborazione reciproca con il collettivo Je so' pazzo, grazie al quale siamo riusciti ad immergerci nella nuova realtà di Sant'Eframo, e poter osservare e filmare la riqualificazione dei suoi spazi e le attività che si svolgevano al suo interno.
Ci siamo avvalsi dell'aiuto e del contributo di amici e professionisti del settore audio-visivo e musicale, che sono ora impegnati nel lavoro di registrazione, aggiusto e perfezionamento del suono, delle musiche e delle immagini del film. Vogliamo riuscire a rimborsare almeno delle spese chi ci ha offerto, e ci sta offrendo, il lavoro e le competenze tecniche ed artistiche al fine di completare e perfezionare l'opera, e renderla fruibile anche sul grande schermo.
Per tal motivo, è importante per noi lanciare questo crowdfunding, che speriamo riesca a contribuire alla creazione di una piccola-grande rete di sostenitori interessati alla divulgazione di opere libere dai vincoli commerciali, nate dall'urgenza di raccontare storie, e realtà, altrimenti sconosciute.
Abbiamo realizzato questo progetto dal basso seguendo logiche di rimborsi spese e grazie alla benevola follia di tutte le maestranze e di tutti coloro che hanno creduto in questo documentario.
ORA ABBIAMO BISOGNO DELLA VOSTRA FOLLIA E PARTECIPAZIONE!
Abbiamo lanciato il crowdfunding per sostenere le ultime spese di post-produzione audio e video, per finalizzare il film ed iniziare la fase di distribuzione nei festival nazionali ed internazionali.
Ma sognamo di poter superare questa cifra ed avere così maggiori risorse da investire nella distribuzione!
Per ogni vostra donazione ci sarà una "pazza" ricompensa!
Il crowdfunding sarà destinato a coprire una parte dei costi delle seguenti voci:
Presa diretta del suono (Marzo-Giugno 2016)
Montaggio del suono e mix (Aprile-Giugno 2017)
Correzione colore (Giugno 2017)
Diritti d'autore musiche non originali
Sonorizzazione e registrazione musiche originali (Maggio-Giugno 2017)
Edizione italiana e internazionale con sottotitoli in inglese (Giugno-Luglio 2017)
Traduzione e creazione dei sottotitoli in inglese (Giugno-Luglio 2017)
Creazione e stampa dvd (blu ray) e formato dsp per i festival, edizione italiana ed estera (Giugno-Luglio 2017)
Grafica dvd (Giugno 2017)
Grafica della locandina e stampe formato A2/A3 (Luglio 2017)
Creazione di materiale informativo e promozionale ai fini della distribuzione (Luglio 2017)
Spedizione copie a festival e rassegne nazionali ed internazionali (da Luglio 2017 in poi)
Se vuoi sostenere il documentario JE SO' PAZZO, dai un'occhiata alle ricompense e scegli quella che più ti piace.
Se non sei già iscritto a PRODUZIONI DAL BASSO puoi iscriverti in maniera rapida e sostenere il progetto scegliendo la tua ricompensa.
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La compagnia INBILICOTEATRO nasce nel 2009 creando atti performativi e spettacoli teatrali dal sapore pittorico come il Sole di Notte spettacolo di Ramona Tripodi che riceve il premio landieri nel 2012, con il disegno luci di Cesare Accetta e Paradiso Mancato la cui drammaturgia sonora è di Marco Messina, realizzato in coproduzione con L'Asilo come il progetto successivo 'A Rota, spettacolo realizzato anche grazie al sostegno del Teatro Popolare dell'ex opg Je so Pazzo.
Nel 2010, si sviluppa l’altro lato di Inbilicoteatro: INBILICOFILM, etichetta di cinema indipendente, con cui vengono prodotti alcuni cortometraggi dal forte sapore teatrale e grottesco, scritti e diretti dal regista Andrea Canova: Il Provino, Rimbò ed Il Vicino ricevono premi e vengono visti e apprezzati in numerosi festival cinematografici nazionali. Il documentario in lavorazione Je so' pazzo è il nostro primo lungometraggio, ideato sia per una diffusione più diretta sul web, che per il cinema del reale.
Tutte le altre nostre attività sono curate, gestite ed organizzate dall’Associazione Culturale INBILICOTEATRO,fondata nel 2009 con la voglia di produrre e promuovere le iniziative teatrali, cinematografiche ed artistiche, frutto della sperimentazione e della ricerca. Tra i progetti che l’Associazione Culturale porta avanti dal 2012 ci sono anche le attività di teatro e cinema per l’infanzia e quelle rivolte alle scuole medie e superiori, proponendo laboratori e spettacoli con tematiche e contenuti didattici.
Per saperne di più su di noi, visita il nostro sito: inbilicoteatro.org
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