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Come ci si sente quando si è soli? Cosa significa entrare davvero in connessione con gli
altri e come accade che, a volte, decidiamo di tagliare i fili delle nostre relazioni fino a
restare isolati?
La scrittrice britannica Olivia Laing scrive di aver scoperto che “La solitudine è un posto
affollato: una città a sé stante. E quando si abita in una città, persino una città come
Manhattan, progettata secondo rigorosi criteri logici, prima o poi ci si perde.”
Ma la solitudine può essere anche un posto molto speciale, come recita un verso di una
canzone di Dennis Wilson. O un luogo dove riprendere fiato, un rifugio o persino uno
spazio creativo in cui ritrovare sé stessi.
Il progetto nasce dal desiderio di indagare il rapporto complesso tra solitudine e bisogno di
connessioni intime con altri esseri umani, in una contemporaneità fatta di pixel, grandi
città, infinite opportunità relazionali, ricerca di senso di comunità.
Ci siamo confrontate con diversi contesti in cui questa tematica si manifesta: dal mondo
della tecnologia a quello dell’arte, dalle relazioni di amicizia a quelle d’amore, alla
sessualità.
Da qui abbiamo cominciato a sviluppare una drammaturgia originale.
Andrea è una giovane scultrice e street artist che, dall’evento pandemico, ha deciso di non
uscire più di casa.
Suo padre è stato un importante artista del novecento e da quando è venuto a mancare -
Andrea era poco più che adolescente – i suoi punti di riferimento hanno cominciato a
sgretolarsi.
Fin da piccola è stata immersa in un mondo ricco di stimoli culturali, ha viaggiato e
studiato all’estero ma ha sempre sentito di non riuscire a esprimersi e fiorire, anche a
causa della pressione sociale del portare un nome molto più grande di lei. Durante la pandemia, in seguito a un evento traumatico, decide di tornare in Italia. Chiusa
in casa, comincia a navigare nel metaverso e crea un avatar che ha molto più successo di
lei e che le permette di gestire ogni cosa - le sue relazioni, il suo lavoro, il suo intero
universo - dalla sua camera.
Un giorno irrompe in casa sua Matilde. Ha acquistato una sua opera online ma la
consegna non è andata a buon fine.
Matilde è un’assistente sociale di trentacinque anni, ogni minuto della sua esistenza è
speso nel prendersi cura di problemi e solitudini altrui. E’ abilissima nel creare progetti,
intessere relazioni e connessioni tra varie realtà, trovare soluzioni costruttive a ogni
problema. Talmente tanto da essere finita in un loop di iper-produttività che non le
permette di godere di nessun risultato o progetto che crea.
Con l’arrivo di Matilde la fortezza di Andrea viene invasa, la tana depredata. L’incontro fra
le due donne farà esplodere il loro universo di certezze per portarle a un nuovo livello di
consapevolezza.
Perché sentiamo le questioni sollevate dal rapporto tra intimità e solitudine molto legate
alla contemporaneità. Sebbene si tratti di tematiche universali e che da sempre nell’arte si
è tentato di afferrare, ci risuonano in modo particolare in questo momento storico in cui le
strutture comunitarie sono cambiate, la società si definisce sempre più attorno al singolo
individuo e la tecnologia sta sviluppando sistemi di connessione che, se da una parte
assottigliano le distanze e permettono interazioni e senso di vicinanza che fino a pochi
anni fa sarebbero state impossibili, dall’altra sembrano rendere superfluo il contatto fisico
e la presenza dal vivo.
Dalla fine della pandemia è diventato normale chiedersi se un’attività si svolgerà online
oppure in presenza, il lavoro da remoto è rimasta una pratica diffusa, alleggerendoci dal
vincolo di ufficio e orari rigidi ma anche tagliando i fili delle connessioni umane e sociali
che si creano sul luogo di lavoro. Le città continuano a essere in espansione, si può vivere circondati da milioni di persone, i supermercati da anni investono sulle monoporzioni, l’amore si trova sulle app.
Sentiamo utile a livello collettivo elaborare i rimossi che questi cambiamenti generano
nella comunità, far emergere delle domande complesse andando a guardare la realtà in
tutte le sue contraddizioni.
E poi perché mettiamo a disposizione dei fantastici premi!
Una particolarità di questo progetto è l’idea di unire una drammaturgia narrativa ad
un’esperienza immersiva e site- specific, pensata per spazi non convenzionali.
Immaginiamo che la performance avvenga attorno a un letto, in un luogo - la camera di
Andrea – in cui non ci sia una separazione netta tra scena e pubblico.
Gli spettatori si trovano così ad abitare lo spazio privato di Andrea e ad osservare molto da
vicino la sua quotidianità e le sue interazioni virtuali, andando a far parte di un’intimità
condivisa sia con il personaggio che con gli altri partecipanti.
L' arrivo di Matilde, come intruso nello spazio emotivo di Andrea, viene percepita anche
dallo spettatore, aggiungendo un elemento di tensione e violazione emotiva.
La performance prevede un progetto sonoro immersivo fatto di suoni metallici e virtuali.
Andrea possiede un giradischi che, mediante l'applicazione di sostanze come colla, pittura
o acqua, trasforma le canzoni in nuove composizioni sonore in tempo reale. Il progetto
include anche un aspetto di design visivo che utilizza un proiettore per mappare su oggetti
e persone e un progetto di luci basato su illuminazioni domestiche.
Andrea rappresenta l’esistenza di una nuova forma di Hikomori. Solo che la sua reclusione
non esclude del tutto le relazioni sociali o lavorative ma esclude il contatto fisico. Il
pubblico assume il ruolo di allucinazione per questo può assistere all’intimità di Andrea.
Secondo A. Pease tra i 15 e i 46 cm si trova la zona intima tra le persone. L’invasione di
questa causa variazioni fisiologiche nel nostro corpo. Tanto più profondo diventa il
rapporto, tanto più una persona ti permetterà di entrare nel suo spazio. La creazione prevede una base di oggetti fissi che faranno parte della scenografia, seguita dalla necessità di rielaborare e adattare tale progetto in relazione allo spazio specifico in cui ci si andrà ad esibire.
Una produzione come questa ha bisogno di risorse per poter essere realizzata. Stiamo
tutti investendo tempo, energia e speranze in questa idea perché pensiamo possa essere
importante per il pubblico che lo verrà a vedere. Per questo puoi fare la differenza tu supportandoci.
In particolare pensiamo di sostenere con queste donazioni i seguenti costi: scenografia,
drammaturgia, sound design, e costumi.
In questo momento stiamo andando avanti senza sostegno economico, se ci aiuterai a
superare la soglia ci stai aiutando anche a pagare, oltre alle spese vive, il lavoro di artisti e
maestranze.
Siamo in coproduzione con la realtà torinese Tedacà.
TEAM
Performer e autrici Francesca Cassottana e Giulia Angeloni
Sound designer Lemmo Visual designer Kamilla Lucarelli
DramaturgFulvio VanacoreMaestro di pennaMatteo Salimbeni
Gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) costituiscono una serie di 17 obiettivi concordati dall'Organizzazione delle Nazioni Unite.
Buona salute: garantire una vita sana e promuovere il benessere di tutti a tutte le età.
Parità di genere: raggiungere la parità di genere attraverso l'emancipazione delle donne e delle ragazze.
Utilizzo sostenibile della terra: proteggere, ristabilire e promuovere l'utilizzo sostenibile degli ecosistemi terrestri, gestire le foreste in modo sostenibile, combattere la desertificazione, bloccare e invertire il degrado del suolo e arrestare la perdita di biodiversità.
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