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PRESENTAZIONE
Invettive apotropaiche è, prima ancora di una raccolta poetica, un grido d’allarme che viene lanciato nelle trombe di Eustachio del «Sistema» in cui tutti viviamo; le parole e le strofe utilizzate sono classificabili come “invettive” in quanto puntano il dito contro certe degenerazioni dell’esistente e come “apotropaiche” perché hanno l’ambizione di scacciare almeno per un istante le tristezze, gli odi, le paure e le solitudini – in una parola, il “Male” – che ronzano attorno all’autore e al lettore.
Francesco Bennardo, qui al suo primo libro di poesie dopo aver pubblicato per altri tipi il testo Storia della Massoneria siciliana nel XIX secolo, descrive e racconta il Mondo attraverso un pensiero atavico che giunge da lontano e da profondità dimenticate; in particolare, le chiavi di lettura principali che egli usa sono tre: l’impegno civile, la sacralità della cultura e l’inquietudine dello scrittore, da cui poi derivano un’infinità d’altri temi. Attraverso arditi voli pindarici si spazia dalla politica al “trash”, dalla crisi economica alla bellezza bucolica, dalle filippiche del disprezzo ai panegirici dell’ammirazione; il tutto però senza mai perdere quell’intensità capace di far risuonare nell’animo umano i vocaboli scelti dall’autore, che hanno la forza di congiungersi tramite i loro significati al flusso vitale d’ognuno.
Lo stile del poeta è molto vario, in quanto i testi ivi contenuti sono stati scritti in un arco di tempo abbastanza lungo che grossomodo va dagli anni del liceo a quelli del precariato. Il lessico, spesso forbito, punta decisamente più all’impatto empatico con il lettore che non al rispetto delle norme metriche: ciò rende Invettive apotropaiche un’avventura forse ostica, ma sicuramente stimolante e arricchente.
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