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Sostegno agli RLS parte civile nel processo ViareggioContattiInserisci il tuo indirizzo email: ti invieremo una nuova password, che potrai cambiare dopo il primo accesso.
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La strage di Viareggio è ormai tragicamente nota a tutti. Erano le 23.45 circa del 29 giugno 2009 quando, nella stazione, un treno merci carico di gas GPL deragliò e si compì l’immane tragedia: 32 morti, decine di feriti gravissimi, un intero quartiere distrutto. Il processo che ha coinvolto varie società, amministratori delegati e manager, l’8 gennaio 2021 dopo quasi 12 anni, è giunto ad un esito tanto inatteso quanto pericoloso per il futuro della sicurezza sul lavoro e delle ferrovie.
La controversa sentenza della Corte di Cassazione (leggi il dispositivo ed il il comunicato) ha incomprensibilmente determinato un ribaltamento delle decisioni del Tribunale di Lucca in 1° grado (2017) e confermate dalla Corte d’Appello di Firenze (2019), le quali avevano riconosciuto le responsabilità delle società e dei manager coinvolti, ha ritenuto non applicabile il Testo unico sulla sicurezza del lavoro e le relative aggravanti, ed ha delegittimato tutte le parti civili di rappresentanza dei lavoratori – sindacati e RLS – già riconosciute in primo e secondo grado, con la conseguenza degli addebiti economici. Ha dichiarato conseguentemente prescritto l’omicidio colposo, pur condannando in via definitiva alcuni degli imputati per il reato di disastro ferroviario, rimandato ad un appello bis altri e prosciolto tutte le imprese.
Oltre all’amarezza di una decisione così clemente nei confronti del potere, rappresentato dalle imprese e dal sistema economico finanziario del settore, subiamo oggi la gravissima conseguenza dell’addebito delle spese legali da affrontare come singoli lavoratori.
E’ evidente che il pagamento di somme così elevate rappresenta un vero problema per tutti i soggetti coinvolti – e anche per quei sindacati che pure possiedono maggiori strumenti – ma per noi risulta un onere gravissimo, quasi insormontabile. Sottolineiamo che non abbiamo mai ricevuto un centesimo dei risarcimenti riconosciuti nei primi due gradi di giudizio.
A fronte dell’impegno di questi anni, ad una sentenza percepita come profondamente ingiusta si va a sommare un’ulteriore ingiustizia cui far fronte con evidenti ripercussioni sulla nostra vita privata.
In questi oltre 11 anni, con i familiari delle vittime e con i tanti cittadini di Viareggio che hanno vissuto da vicino la tragedia, assieme a centinaia di ferrovieri di tutta Italia, abbiamo condiviso la battaglia per sicurezza, verità e giustizia, abbiamo messo a disposizione la nostra esperienza diretta offrendo un contributo e un supporto di conoscenze, di carattere tecnico, documenti, prove e testimonianze, sia per la formazione delle determinazioni processuali che nella incessante opera per la divulgazione e la comprensione presso l’opinione pubblica delle regole di dettaglio del funzionamento del sistema ferroviario, un ambito specialistico con processi produttivi sconosciuti ai più. E lo rifaremmo con la stessa convinzione.
L’attacco frontale a questa partecipazione delle figure di rappresentanza dei lavoratori, è politico, pericoloso e inaccettabile, quasi a relegare questa tragedia alla sola sfera privata dei soli congiunti diretti, “ammonendo” le singole parti civili con la mannaia economica delle spese legali. Nelle pieghe del dispositivo della sentenza, letto nell’aula della Cassazione l’8 gennaio scorso, c’è il tentativo di fiaccarci anche individualmente e l’obiettivo ideologico di dissuadere chiunque, in futuro, ad occuparsi delle vicende processuali per questi disastri, nonostante i ferrovieri siano sempre coinvolti e spesso anche vittime.
Siamo determinati a respingere questa deriva giudiziaria e questa ondata di cultura intimidatoria con la forza dell’unità e solidarietà dimostrata in questi anni tra familiari, cittadini di Viareggio, associazioni democratiche, sindacati, enti, ferrovieri, viaggiatori e da tutti coloro che hanno a cuore la sicurezza. Soprattutto perché se non affrontata e risolta collettivamente, questa vicenda rischia di divenire un micidiale deterrente alla partecipazione civica dei lavoratori nella difesa dei diritti individuali e collettivi e per la tutela della salute nei luoghi di lavoro, nonché alle battaglie sociali per la sicurezza ferroviaria.
Lanciamo un appello per un sostegno diffuso, anche economico, per far fronte alle conseguenze di questa sentenza che – se subita passivamente – rischia di neutralizzare quell’indispensabile anticorpo interno e di controllo del sistema produttivo nelle ferrovie, rappresentato dagli stessi lavoratori.
Da parte nostra confermiamo l’impegno a proseguire la battaglia sul fronte legale e soprattutto sui nostri luoghi di lavoro, che sono i binari, officine, treni e stazioni, tutti luoghi in cui anche cittadini e viaggiatori devono sentirsi al sicuro.
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I lavoratori RLS coinvolti: Vincenzo Cito (Torino), Filippo Cufari (Livorno), Dante De Angelis, (Roma), Maurizio Giuntini (Pisa), Alessandro Pellegatta (Milano), Giuseppe Pinto (Bologna).
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