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Banganà è un piccolo villaggio nel cuore del Niger. Più che un villaggio è un accampamento permanente, perché i suoi abitanti sono Wodaabe, una popolazione di allevatori nomadi di zebù e non vi sono né case né capanne. Dal 2011 c’è una scuola primaria. All’inizio contava 18 allievi ed era alloggiata in un capanno di rami e steli di miglio. Ora ha un piccolo edificio di mattoni di fango con una sola stanza.
A distanza di sei anni dalla sua creazione, gli allievi sono aumentati di numero (l’anno scorso erano 59, con le ragazze sempre in maggioranza), suddivisi ormai in sei classi, e la scuola, costituita di un solo locale, è drammaticamente insufficiente, se si vuole garantire un livello di istruzione decente. Inoltre l’edificio di fango non è così resistente da superare indenne la stagione delle piogge che nel Sahel sono poche ma estremamente violente. L’anno scorso diversi mattoni si erano sbriciolati e il tetto si era inclinato, richiedendo costose riparazioni.
L’impegno degli allievi e dei loro genitori non è venuto meno nel tempo e meritano una scuola degna di questo nome, costruita secondo gli standard in uso nel paese e quindi in mattoni di cemento. E occorrono almeno due locali, per garantire un livello di apprendimento degli allievi che consenta loro di continuare eventualmente gli studi e accedere al college di Dakoro, la cittadina più vicina al loro villaggio. Questa è anche l’aspirazione degli anziani del villaggio, che hanno già scelto fra i migliori allievi del corso tre ragazze (sì, tutte ragazze), perché continuino gli studi.
Si potrebbe pensare che spetta al governo costruire l’edificio adeguato per una scuola pubblica già operante, ma in Niger non è così, soprattutto se si tratta di scuole che si trovano nella zona pastorale, frequentate da allevatori nomadi. Però, una volta che Banganà avrà la scuola in cemento, l’Ispettorato all’istruzione la doterà di banchi. Adesso no, perché dicono che potrebbero rovinarsi.
Quando, nell’ottobre 2011, andai a parlare con l’Ispettore per le scuole primarie, lui mi disse chiaramente che il governo non investe nell’istruzione degli allevatori nomadi perché, essendo nomadi, si muovono e i bambini non possono andare a scuola. Però eravamo liberi di provare, se avessimo provveduto privatamente a tutte le spese: locale, salario dell’insegnante, mensa scolastica... Anzi, se la scuola, dopo tre anni, fosse stata ancora lì, funzionante, il governo l’avrebbe rilevata e sarebbe diventata pubblica. Inutile dire che si sentiva sicuro di vincere la scommessa.
Ma in Niger i nomadi non sono in movimento continuo e a Banganà l’anno scolastico coincide con la stagione secca, quando le famiglie restano lì, dove c’è un pozzo permanente. Solo pochi giovani vanno più sud col bestiame. Quando cominciano le vacanze, a giugno, cominciano anche le piogge e Banganà si svuota, fino alla ripresa dell’anno scolastico, in ottobre.
Così, qualche settimana dopo, nasce la scuola primaria comunitaria di Banganà, un villaggio dove nessuno sapeva leggere o scrivere, né tra i bambini, né tra gli adulti. È frequentata da subito da quasi tutti i bambini in età scolare, dai 6 ai 12 anni dell’allieva più grande. In realtà, i genitori avrebbero voluto iscrivere anche quelli più piccoli ma l’insegnante verificò la loro età facendogli toccare l’orecchio sinistro con la mano destra passando sopra la testa, unico modo per capire l’età in un posto senza anagrafe, e alcuni, un po’ tristi, furono scartati...
All’epoca erano 18, in maggioranza bambine. Per tre anni due associazioni genovesi, l’Associazione culturale Ghazala e la Compagnia per le V.E.L.E., l’hanno sostenuta finanziariamente coprendo tutte le spese: costruzione (e riparazione annuale) della struttura in legno e steli di miglio, salario dell’insegnante e vitto degli allievi. Il programma scolastico era quello ufficiale del governo del Niger, laico, con l’apprendimento delle materie previste anche qui da noi, con l’aggiunta della lingua francese. Al momento dell’autorizzazione, l’Ispettorato scolastico si era impegnato a rilevare la scuola, a quel tempo “comunitaria”, cioè gestita dalla comunità con l’aiuto finanziario nostro, se le periodiche ispezioni avessero valutato positivamente il livello di frequenza e di preparazione degli allievi. La scuola di Banganà ha superato l’esame a pieni voti e dall’ottobre 2014 è, a tutti gli effetti, una scuola pubblica. L’insegnante ha ora un contratto governativo e il vitto degli allievi è garantito dal PAM, il Programma Alimentare Mondiale. Il sostegno alla scuola è costato mediamente 3.000 € all’anno, una cifra irrisoria se si considera che è servita a garantire al villaggio di Banganà una scuola che continuerà ad esistere finché vi saranno degli allievi; ben al di là, dunque, dei sostegni temporanei che qualunque associazione o ONG può dare.
Rimaneva un problema: ogni anno, alla fine della stagione delle piogge, la scuola andava praticamente ricostruita, pali portanti a parte, e questa era una spesa insostenibile per il COGES (Comitato di Gestione). A gennaio 2015, siamo riusciti a raccogliere e inviare la somma necessaria alla costruzione di un edificio in mattoni di fango locali in cui si trova tuttora la scuola. Già all’epoca non era la soluzione ottimale, gli allievi erano già numerosi e distribuiti in più classi, ma era meglio di un capanno di steli di miglio ed era urgente fare qualcosa.
Nel novembre 2012, durante una visita alle famiglie di Banganà, abbiamo girato un film documentario sulla creazione della scuola che ha come protagoniste due delle allieve più grandi, Alwasi di 12 anni e Aikije di 11 (LOKKOL. La scuola. Alwasi e Aikije vanno (anche) a scuola).
Nel film un gruppo di allieve esprime le aspirazioni scaturite dall’esistenza della scuola e i dialoghi fanno intravedere i cambiamenti già avvenuti nelle loro vite e quelli che certamente si aggiungeranno.
“Lokkol”,che ha poi ricevuto la menzione speciale della giuria al Festival "Vues d'Afrique" di Montreal (2014), era finalizzato a far conoscere la scuola di Banganà con l’obiettivo di raccogliere fondi per sostenerla ma anche, o forse soprattutto, di mostrare la vita di una scuola e dei suoi allievi in un contesto molto diverso dal nostro.
La versione ridotta, della durata di 31 minuti (su 51), è visibile e scaricabile qui: https://vimeo.com/235232877
Quattro anni dopo, nel novembre 2016, un gruppo di allieve e allievi della scuola è andato a Niamey, a 3 ore di pista e 13 ore di bus da Banganà.
Il gruppo era formato da 6 ragazze tra gli 8 e i 15 anni e 2 ragazzi (8-11), accompagnati da tre adulti: il rappresentante del capo del clan Wodaabe di appartenenza, il presidente del Comitato di gestione della scuola e padre dell’allieva più grande e un altro genitore. Per arrivare a Niamey hanno fatto un viaggio in autobus di 800 km. Uno di loro ha detto all’arrivo: “mi sembrava di essere stato in un buco da cui sono uscito solo all’arrivo a Niamey...” È stata un’esperienza eccezionale, per loro e per me che ho avuto il privilegio di incontrarli e accompagnarli nei tre giorni di visita. Otto ragazze e ragazzi che hanno sempre vissuto in mezzo a un’area desertica del Sahel e che, al massimo, hanno visto i villaggi vicini, sono stati catapultati in una grande città con palazzi, strade piene di traffico e abitudini a loro sconosciute. In quei tre giorni hanno visitato il Centro culturale franco-nigerino “Jean Rouch” e il Museo nazionale, hanno dormito negli uffici di un’associazione di allevatori e discusso tra loro del viaggio e della scuola. Tutto questo è nel film girato in quell’occasione, “Lokkol 2. Viaggio a Niamey”.
Un fatto importante: alle riprese ha collaborato come operatrice Aikije, l’allieva più grande, e le sue immagini sono nel film.
Questo film è stato realizzato con il patrocinio della Fondazione per la Cultura di Palazzo Ducale, e la partecipazione dell’Associazione Culturale Ghazala e di Paris Global Forum, ed è stato finanziato con un crowdfunding su Produzionidalbasso che ha coinvolto 36 donatori e con un contributo di ARCI - Genova.
Il trailer del film è in "gallery"
SARÀ PROIETTATO IL 16 OTTOBRE 2017 A GENOVA. Maggiori informazioni qui
Il preventivo è stato fatto da un’impresa artigiana di un vicino villaggio Haussa, la stessa che ha già costruito l’edificio precedente. In questo caso, però, i mattoni dovranno essere acquistati nella vicina cittadina di Dakoro e trasportati fino a Banganà. Il preventivo comprende quindi anche le spese per i mattoni e per il loro trasporto lungo le tre ore di pista sabbiosa che porta a Banganà.
Abbiamo deciso di non mettere una vera e propria ricompensa, ma tutti coloro che partecipano al progetto riceveranno - quando possibile - aggiornamenti, notizie, immagini dalle ragazze e dai ragazzi che frequentano la scuola. Visto il luogo dove sta la scuola, il “quando possibile” è d’obbligo, ma due allievi avranno il compito specifico di fornire le informazioni in modo abbastanza regolare e cercheremo di attivare i canali perché questo funzioni.
Francesco Sincich, antropologo per Medici Senza Frontiere (MSF) dal 2003 con numerose missioni di terreno in otto paesi africani e a Malta. Prima frequentavo il Medio Oriente, in particolare la steppa desertica siriana, per conto delle università di Genova e Milano e della FAO. Lì ho avuto i miei primi contatti con una popolazione nomade, i Beduini. Successivamente ho continuato a lavorare con gli allevatori nomadi in diversi contesti durante le missioni di terreno con MSF: Afar in Etiopia e Gibuti, Somali in Somalia, Etiopia e Gibuti e Wodaabe in Niger. Il primo incontro con i Wodaabe risale al 2009, durante una missione MSF su malnutrizione e salute materno-infantile. Lì ho anche scoperto l’efficacia di un messaggio veicolato con immagini in movimento: un cortometraggio sul distanziamento delle nascite rivolto alle mamme di Dakoro, una piccola cittadina nel cuore del Niger, ha prodotto un incremento del 400% nell’utilizzo di metodi anticoncezionali. Ho quindi continuato ad occuparmi di film con l’obiettivo di mostrare e far sentire persone, popolazioni che non trovano spazio o che, quando lo trovano, sono oggetto di stereotipi e cliché colonialisti.
Da quel primo incontro con i Wodaabe, in particolare con le donne che venivano nel nostro centro per le cure, nasce anche il rapporto con il villaggio/accampamento di Banganà. Da lì la creazione della scuola primaria e il suo sostegno tramite l’Associazione Culturale Ghazala di cui sono membro dalla fondazione, nel 2002. Ghazala ha fatto tante altre cose in tutti questi anni, ma l’impegno con questa scuola è quello che è rimasto nel tempo e continua tuttora.
Con le ragazze e i ragazzi di Banganà ho girato due film documentari, Lokkol. “la scuola”. Alwasi e Aikije vanno (anche) a scuola e Lokkol 2. Viaggio a Niamey.
Comité de Gestion (COGES) de l’école primaire de Banganà. Presidente: Igne Yuguda, Banganà, Distretto di Dakoro, Niger
Associazione Culturale Ghazala, Genova, http://www.ghazala.it
Paris Global Forum, Parigi, http://www.parisglobalforum.org/
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