Una campagna di
Di Lorenzo Pasquale - ANPI Forino - ContradaContattiInserisci il tuo indirizzo email: ti invieremo una nuova password, che potrai cambiare dopo il primo accesso.
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Un libro per riscoprire la memoria, dare voce agli invisibili, raccontare la verità dal basso.
Aiutaci a stamparlo e diffonderlo.
Partigiani e Rivoltosi in Irpinia è un progetto collettivo coordinato da Annibale Cogliano, che intreccia microstorie locali e grande Storia nazionale.
Nasce per onorare chi ha lottato per la libertà e per raccontare ciò che spesso non si trova nei manuali scolastici: il ruolo della nostra terra nella Resistenza.
Il libro è costruito come un puzzle di testimonianze, volti, documenti, memorie, episodi dimenticati ma fondamentali.
Non è solo un saggio storico: è una narrazione viva che dà spazio a donne e uomini irpini, spesso rimasti ai margini della memoria ufficiale, ma che hanno scelto di opporsi al nazifascismo con coraggio e dignità.
Siamo un’associazione culturale (ANPI Forino - Contrada) e vogliamo stampare e distribuire il libro senza scopo di lucro.
Con il crowdfunding possiamo coprire le spese di stampa, grafica e spedizione, rendendo il libro accessibile a tutti e portarlo nelle scuole, biblioteche e comunità locali.
Stamperemo una prima tiratura di 300 copie.
Se superiamo l’obiettivo, potremo fare nuove ristampe, organizzare presentazioni, donare copie gratuite alle scuole.
Intervista completa su :
https://www.noipartigiani.it
Estratto dal libro – Testimonianza di Rodolfo De Rosa
"Ci misero i ferri (non le manette), collegati uno all'altro con una catena, come dei volgari ergastolani. Poi, percorrendo il corso cittadino, ci portarono al carcere borbonico e lungo la strada qualcuno ci chiamava delinquenti, qualche altro ci guardava con commiserazione, qualcun altro quasi quasi ci voleva manifestare consenso, ma non poteva.
Comunque ci hanno ristretto nel carcere, nelle celle a piano terra. In una di queste, c’eravamo io, Antonio Maccanico, il caro Federico Biondi e il carissimo Camillo Marino.
La mattina ci hanno portati fuori nel cortile per l'aria, e ci hanno detto: “Non dovete parlare tra di voi, ognuno doveva stare per proprio conto, diversamente c'è punizione”.
Allora abbiamo visto che nel cortile c'erano tutti gli altri nostri amici che avevano partecipato a quest'azione, e a stento, con la mano, facevamo un segno di saluto.
Questo è durato circa due mesi.
Il 25 luglio i nostri sorveglianti ci dissero che era caduto Mussolini e che il re lo aveva fatto arrestare.
Allora noi abbiamo detto «è finita», e abbiamo gioito, abbiamo cantato, ci siamo abbracciati.
Invece Badoglio ci ha ignorati completamente.
Un giorno dei primi di settembre il direttore del carcere, il dottor Sant'Angelo, che era una persona perbene, ci convocò in una sala del carcere e ci disse:
«Ragazzi, ho avuto ordine di prepararvi per consegnarvi ai tedeschi. Per me questa è una sentenza di morte e io non mi sento di attuarla. Ho deciso pertanto, per non dare l'impressione che è una scelta politica solo per voi, di far uscire dal carcere tutti i detenuti appena minori, farò uscire tutti e contemporaneamente farò uscire tutti voi in questo momento, adesso, subito, senza nemmeno tornare in cella. Uscite e non andate a casa, perché a casa mi vengono a prendere. Buona fortuna, anche io mi assenterò con la mia famiglia perché temo rappresaglie».(…)
Allora lui col fazzoletto in mano è corso e ha raggiunto i primi militari americani, ha parlato con loro perché parlava perfettamente l'inglese e quindi ha spiegato la situazione.
Lo hanno caricato su una jeep ed è sparito; dopo un'oretta abbiamo visto arrivare un camion con un ufficiale americano, due militari, uno di colore e Matteo.
Si sono avvicinati e Matteo ci ha detto di salire, e tutti siamo saliti a bordo, per portarci nelle retrovie, dove ci hanno accolto come se fossimo stati dei loro compagni di guerra.
Ci hanno accolto, ci hanno abbracciato, ci hanno visto tutti malconci, con vestiti logori, scarpe indecenti eccetera, ci hanno vestito dalla testa ai piedi da militari americani e ci hanno caricato su dei camion e ci hanno detto che sarebbero arrivati nella piazzaforte di Avellino e, man mano che avrebbero occupato la città, si sarebbe fatta una festa.
Quando siamo giunti ad Avellino, hanno buttato sigarette, caramelle, cioccolate, pacchi di farina, pane, e quando gli avellinesi hanno visto che arrivava l'abbondanza, veramente sono iniziati gli applausi.
Quando è stato dopo la liberazione, io ero orgoglioso di aver partecipato a questo inizio di liberazione, però mi ripromettevo insieme agli altri che dovevamo completare questa nostra opera.
Volevamo l'attuazione di un principio dal quale dipende la democrazia di un popolo, non volevamo più la scritta 'credere, obbedire e combattere', ma volevamo, come diceva Gramsci, libertà di pensiero, libertà di parola e libertà di stampa, perché questo è l'inizio ed è il fondamento della democrazia.
Perché penso di aver fatto il mio dovere di giovane, di democratico.
Oggi ho 91 anni e difendo la mia libertà, e dico ai giovani di oggi, nel 2000:
«Guardatevi bene dai richiami che vengono da tante parti, guardatevi bene, bene, perché la libertà vi renderà uomini. Senza libertà sarete bestie»."
— Rodolfo De Rosa
Questo libro non è solo una pubblicazione: è un atto di giustizia e di memoria.
È il nostro modo di dire grazie a chi ha resistito, a chi ha sperato, a chi ha scelto di lottare anche quando sembrava impossibile.
Contribuisci anche tu a portare alla luce queste storie.
Aiutaci a stampare Partigiani e Rivoltosi in Irpinia e a far conoscere un capitolo dimenticato della nostra libertà.
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