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PICCOLE ITALIANE
“Piccole italiane” è un progetto ambizioso, ma al quale teniamo molto. Sarà il saggio di diploma di un gruppo di studenti del Centro Sperimentale di Cinematografia, appassionati e malati di cinema.
La storia del cortometraggio racconta del breve viaggio di una madre e di una figlia nel 1943, che muterà per sempre il loro modo di vedere il mondo e l’Italia che cambia. Un viaggio che racconta gli avvenimenti della cosidetta Grande Storia, intrecciandosi però con la Piccola Storia, ovvero affondando le sue radici nei micro eventi che compongono la vita quotidiana dei suoi sconosciuti protagonisti.
A monte di questo progetto vi è stato un percorso approfondito di studio del periodo storico che raccontiamo, al quale sta seguendo nella fase attuale un enorme e meticoloso lavoro di ricostruzione della realtà degli anni ’40 da parte soprattutto dei reparti di scenografia e costume, massimamente coinvolti in un progetto che ha l’ambizione di portare sullo schermo il racconto “di un’epoca”.
E’ per questo che chiediamo il vostro aiuto e vi esprimiamo sin da questo momento la nostra gratitudine per la vostra eventuale collaborazione, affinchè il nostro sia un piccolo ma corretto contributo a rendere la Storia d’Italia degna di essere conosciuta e valorizzata, perchè la memoria si faccia narrazione.
SINOSSI
Il 25 luglio del 1943 il Gran Consiglio del Fascismo mette Mussolini in minoranza, costringendolo alle dimissioni. Poche ore dopo, verrà arrestato. È la fine del fascismo, ma quella mattina in una scuola elementare ancora nessuno lo sa. Italia, una bambina di 10 anni “fascistissima”, si prepara con le altre studentesse ad una recita scolastica che inneggia il regime. Ma ha un problema. L’anno prima, il ministro Ricci ha emanato una legge che vieta la produzione e la distribuzione di giocattoli, al fine di riconvertire le fabbriche di balocchi in fabbriche di armi. L’editto è uno degli ultimi tentativi di vincere la guerra. Ad Italia, però, questa legge non va giù: ha risparmiato con sudore e fatica l’importante cifra di trentasei lire per comprarsi un orsetto e ora non può più farlo. Durante la recita, invece di proclamare la sua poesia, prorompe in un’accorata invettiva contro la legge del ministro Ricci. Sono attimi di panico: nessuno può permettersi di criticare l’operato del fascismo. La bambina verrà espulsa per direttissima ma sua madre Dina teme ripercussioni familiari ben più gravi. E’ per evitarle, porgendo ufficiali scuse al ministro Ricci in persona, che la donna si mette in viaggio per raggiungere il Ministero delle Corporazioni. Quando arrivano a destinazione, però, trovano l’ufficio devastato dagli ultimi eventi politici. Funzionari e dipendenti stanno abbandonando la nave già quasi del tutto affondata. C’è un fuggi fuggi generale, chi cerca di arraffare quello che può, chi tenta il suicidio per paura di essere preso vivo. Come lo stesso ministro Ricci, che però per quanto cerchi di puntarsi contro la pistola, proprio non riesce a trovare il coraggio di premere il grilletto! E’ in quel momento che nel suo studio irrompono Dina e Italia. La bambina riesce a fare breccia nel cuore dell’uomo, che decide di portarla nel magazzino dove sono conservati tutti i giocattoli sequestrati in quell’anno di legge. La bambina ha il permesso di sceglierne uno qualsiasi e portarlo a casa, ma alla fine sceglierà di non prendere niente perché nella sua ingenuità infantile teme che il farlo possa influenzare negativamente gli esiti della guerra. Così, in extremis, si riallinea al regime. Intanto, sua madre Dina è rimasta sola con il ministro. E’ lì per chiedergli di aiutarla, ma inaspettatamente è lui a chiederle una mano. O meglio, un dito! Se la donna è davvero fascista come afferma, dovrà aiutarlo a morire. Dina cerca di sottrarsi al delitto, ma l’uomo la obbliga a premere il grilletto. La pistola, però, fa cilecca. Le armi prodotte con la legge, infatti, sono difettose. Nulla di più che armi giocattolo. Ricci dovrà attendere la propria condanna, mentre nel frattempo Italia sta parlando al telefono con il Duce in persona, che ha telefonato a Ricci nell’ultimo disperato tentativo di salvarsi corrompendo i suoi carcerieri. La bambina però, che avrà a cuore solo il chiarire il suo riallineamento in merito alla legge sui giocattoli, condannerà definitivamente il Duce all’arresto.
Madre e figlia usciranno dal Ministero delle Corporazioni profondamente cambiate. Italia con una nuova consapevolezza, mentre Dina adesso ha compreso che non si vincono le battaglie togliendo i giocattoli ai bambini. Così come è destinato a perdere la guerra chi con leggerezza gioca con la vita e con la morte.
Italia ha risparmiato 36 lire per comprare un orsetto. Fin qui tutto bene, ma siamo nel 1943 e il Fascismo ha appena emanato un editto che impedisce la compravendita di giocattoli. Le fabbriche, infatti, verranno riconvertite per legge in industrie belliche.
Niente più orsetti, solo baionette!
Italia però a questa legge non ci sta e decide di ribellarsi a quella che è un’ingiustizia bell’e buona. Per realizzare il suo sogno le ci vorranno 36 lire oltre che una bella dose di determinazione.
A noi la determinazione non manca, ma abbiamo bisogno del vostro contributo per aiutare Italia nel suo scopo e portare la sua storia dallo schermo nei cuori di tutti.
Se un orsetto vale 36 lire, quanto vale questo corto?
Decidetelo voi, intanto grazie mille.
Gli studenti del Centro Sperimentale di Cinematografia.
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