Una campagna di
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Napoli di fine 2011: la povertà dilaga per le strade, la solidarietà latita senza precedenti, le istituzioni sono fantasmatici ricordi. Un giovane sistemista di computer viene assunto per un periodo di due mesi di prova da una società di servizi informatici, la Frigidal Point. La storia si dispiega sotto forma di sei racconti autobiografici che corrispondono ad altrettante sei giornate feriali, in cui l’autore-protagonista racconta e commenta in prima persona le vicende lavorative che a mano a mano si fanno vieppiù insostenibili e parossistiche. Tra mansioni di vario genere e l’assistenza a fotocopiatrici e computer, a rendere il lavoro insopportabile, non sono solo le condizioni di sfruttamento – l’orario di lavoro insostenibile e l’onorario ai limiti della sopravvivenza –, ma anche l’avvicendarsi di personaggi che, sia all’interno che all’esterno dell’ufficio, si rivelano in tutta la loro volgare insensibilità: corruzione, disonestà e spietato autoritaritarismo. Dapprincipio, in vista di capire meglio l’ambiente lavorativo in cui si trova a operare, il protagonista ritiene giusto starsene in silenzio e subire le angherie; successivamente però, decidendo di far valere le proprie ragioni, comincia a esporre le sue seppur timide rimostranze.
Al volante del mio ferrovecchio… Una certa ora e io, che sono appena al terzo giorno del mio nuovo lavoro, ho solo da raggiungere l'ufficio, al più presto. Sì, perché pur essendo da solo da tre giorni che son riuscito a buscarmi 'sto lavoro, è già da altrettanti che puntualmente ci sforo con l'orario d'inizio.
“Massì, mi capiranno”, sto lì a sperare, “esiste mica solo per me, il traffico!”…
Rotonda di Capodichino… Alt!... Rosso!
E lì l'atmosfera prende subito ad appesantirsi, non poco. Sì, ché a Napoli quando scatta il rosso la gente non lo sopporta; cioè, non ci sta! e da lì poi s'imbastardisce e basta!... voglio dire, più del solito.
In linea con i tempi, i racconti di Sibillo denunciano le difficili situazioni di chi, giovane o meno giovane, riesce a stento a trovare un impiego e quindi a dover far i conti con un mercato del lavoro vieppiù basato su uno sfruttamento selvaggio dell’individuo. Inoltre, l’attuale crisi sistemica, quale frutto di un progresso cieco e discriminante, legata a quell’imperitura logica feudale che indissolutamente lega schiavo e padrone – ancor più gravosa in alcune zone a sud dello stivale –, contribuisce a ledere la dignità dell’uomo sociale sul piano sia personale che collettivo. La città partenopea, dunque, quale piccolo spaccato di un’intero paese ormai largamente governato da illegalità mista a logiche di lassismo, non è solo storie di malavitosi di fannulloni e d’indicibili bari, ma è anche storie di persone oneste messe spalle al muro: padri e madri di famiglia che riescono a malapena a tirare avanti, giovani che vedono privarsi ineluttabilmente del loro futuro.
Attraverso un iperrealismo del linguaggio, pervaso da feroce sarcasmo e umorismo nero, caratterizzato da una commistione di registri – dal più alto e raffinato al più grezzo e dialettale, da forestierismi a regionalismi vari, da neologismi a slang giovanile –, Sibillo cerca di rendere la complessità dei rapporti umani e la difficoltà di vivere in un società ormai in fase di decadenza morale e culturale. Dunque, l’intento dell’autore è quello di far emergere quanto oggi siano socialmente e remissivamente accettati fenomeni alienanti e degradanti quali mobbing e lavoro nero.
Andrea De Carlo
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