Una campagna di
Eugenio MirtiContattiInserisci il tuo indirizzo email: ti invieremo una nuova password, che potrai cambiare dopo il primo accesso.
Controlla la tua casella email: ti abbiamo inviato un messaggio con la tua nuova password.
Potrai modificarla una volta effettuato il login.
Il tuo contributo servirà a sostenere un progetto ambizioso. Scegli la ricompensa o la somma con cui vuoi sostenerlo e seleziona il metodo di pagamento che preferisci tra quelli disponibili. Ti ricordiamo che il progettista è il responsabile della campagna e dell'adempimento delle promesse fatte ai sostenitori; sarà sua premura informarti circa come verranno gestiti i fondi raccolti, anche se l'obiettivo non sarà stato completamente raggiunto. Le ricompense promesse sono comunque garantite dall’autore.
Dopo aver completato il mio ultimo progetto discografico, realizzato in solo nel 2018 (“Zen #4”, poi pubblicato da Alfa Music nel 2019) il mio desiderio più sentito era quello di tornare a lavorare regolarmente con un gruppo di musicisti.
Ho sempre amato suonare con Luca Valente e Mario Sereno (con cui registrammo un omaggio a Prince nel 2018) e quindi formare il nuovo quartetto è stato relativamente facile: aggiungete nel calderone il basso elettrico di Alessandro Loi, ed ecco che tutto funziona a meraviglia!
La mia aspirazione era quella di realizzare un album poliedrico, ricco delle tante delle suggestioni musicali che amo: il jazz ma anche il funk, il sound di Tulsa ma anche i classici western, Joe Zawinul e gli Hammond trio contemporanei.
Purtroppo, viviamo in un’era in cui per essere riconosciuti bisogna essere molto specifici e sapere tutto di un preciso micro-argomento, che è un approccio di una noia mortale. Io, da sempre, preferisco i musicisti eclettici, come lo sono stati quelli che amo: da Miles Davis ai Beatles a Jeff Beck, per fare tre esempi di artisti che (senza volermi neanche lontanamente paragonare!) hanno reso la musica l’emanazione di quello che sono stati: dunque arte e non manierismo tout court.
_
L’albero della vita del titolo è un concetto caro a molte culture diverse: collega tutte le forme della creazione, ed è, insieme all’albero della conoscenza (che unisce il mondo dei vivi all’oltretomba) una forma dell’albero cosmico.
Molti miti sono associati a questo simbolo. Per citarne qualcuno: una storia taoista narra che quest’albero produce ogni tremila anni una pesca che rende immortale chi la mangia, mentre nella Bibbia compare nella Genesi (nel giardino dell’Eden) e nell’Apocalisse, nell’ultimo capitolo, nel nuovo giardino del Paradiso. Gli indiani irochesi narravano (“The World On the Turtle's Back”) di come il mondo fosse nato quando una donna piantò la corteccia dell’albero della vita sulla schiena di una tartaruga che l’aveva salvata dall’annegamento.
L’albero della vita è, in sintesi, simbolo di nascita e rinascita.
In generale mi sembra un bel simbolo per il mondo post Covid, e personalmente mi rappresenta per la mia voglia di cambiamento, stimolata sia dalla mia ineffabile curiosità, sia dall’aver compiuto 50 anni. Ad maiora!
_
Eugenio Mirti – Guitar, Lap Steel, Vocals on 3, Percussions on 1 and 7
Mario Sereno – Keyboards
Alessandro Loi – Electric Bass
Luca Valente – Drums
Special Guest: Carlo Caprioglio – Lead Guitar on 1
_
Judy
I WRD sono tra i musicisti contemporanei che preferisco. Un gagliardo Hammond trio che si rifà agli anni ‘60 senza esserne la copia pedissequa!. “Judy” è un brano semplice e divertente, con una randella tellurica. Ospite alla chitarra solista il mio caro amico Carlo Caprioglio.
25 Agosto
Un brano dedicato a mia moglie Cristina, scritto negli anni ’90, che non ho mai registrato prima. Chiaramente ispirato a mondi metheniani, una composizione a cavallo tra pop e easy listening impreziosita da un bell’assolo di basso di Alessandro.
Cajun Moon
Da sempre son un fan di J.J. Cale, e durante il lockdown trascrissi la sua completa discografia. “Cajun Moon” è un brano bellissimo. Un piccolo cambio di tonalità e l’introduzione/finale sono gli elementi nuovi di questo arrangiamento, con la ritmica di Luca e Alessandro che pompa prepotente sotto i vaneggiamenti miei e di Mario. Un’ottima scusa per divertirmi con la lap steel, tra le altre cose!
Streets Of Laredo
Conosciuta anche come “The Dying Cowboy” questa canzone è un classico della musica country. Anche qui l’arrangiamento è minimale, abbiamo semplicemente aggiunto un piccolo bridge di otto battute (che serve anche da interludio tra i soli). La 12 corde, la lap steel e l’Hammond hanno reso il tutto un jazz-waltz molto evocativo, a mio avviso,
Mercy, Mercy, Mercy
Leggendario brano scritto da Joe Zawinul per Cannonball Adderley, è tra le composizioni che resero famoso il soul jazz negli anni 60. Semplicemente irresistibile!
Hoover Dam
La Hoover Dam è una colossale diga situata in Nevada, lungo il corso del fiume Colorado. La visitai una notte misteriosa del 2006, e l’ambiente era particolarmente intrigante: il deserto di notte, le stelle, le luci ovattate della diga. Un brano modale che vuole descrivere quella esperienza!
The King of Termoli
Il brano è dedicato a un brutto ceffo che conobbi eoni fa. Il riff principale è l’onomatopea musicale del suo carattere brillante e solare. Un brutto ceffo, ma un brano divertente!
Longshan Temple
Luogo di straordiaria bellezza e fascino che si trova a Taipei, ho visitato il Longshan Temple più volte, rimanendone sempre affascinato. Vale la pena visitarlo! Un brano dedicato a Xian, mia prima professoressa di cinese. Un tocco di prog, jazz-rock e psichedelia con un brillante assolo di batteria di Luca.
Torino, settembre 2023
Commenti (0)