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Tutti i colori del Jazz è un documentario che si rivolge in primo luogo agli studenti delle scuole medie inferiori e superiori.
Esplora l’universo creativo del Jazz. Protagonista del lungometraggio è la Colours Jazz Orchestra, big band marchigiana che opera da più di vent’anni nella scena italiana e internazionale.
Non si tratta soltanto di un'orchestra storica, ma anche di una fucina per musicisti.
Ispirata dalle tradizionali bande di paese, i cosiddetti “Giradischi del popolo”, negli anni ha ospitato e formato decine di giovani musicisti fornendo loro opportunità di crescita artistica a livello jazzistico.
Si tratta però di una big band composta da musicisti di livello altissimo, che vanta collaborazioni con i nomi più importanti del Jazz mondiale, come Kenny Wheeler, Scott Robinson, Maria Schneider, Paolo Fresu, Alex Sipiagin e molti altri
L’idea di regia è composta principalmente da due elementi narrativi: il linguaggio e la musica. Per quanto riguarda il linguaggio verbale, le interviste andranno ad esplorare nell’intimo la psicologia dei musicisti. Attraverso la parola andremo alla ricerca di visioni, sensazioni e sentimenti legati all’atto di composizione e improvvisazione dei musicisti. L’obiettivo è quello di parlare di musica per parlare di sé. E se il segreto è la chiave dell’anima, la musica è il suono di questo segreto.
La musica suonata è il motore del racconto visivo.
Abbiamo parlato delle interviste come un momento di verticalizzazione, che ci porta ad innalzare il valore emotivo, ma che non ci fa avanzare praticamente nel racconto, perché da un punto di vista fattuale non succede nulla, in teoria...
Quello che invece accade nel documentario sono innanzitutto le prove dell’orchestra. Un momento di studio e confronto tra i musicisti e il direttore d’orchestra sia a livello musicale che verbale. Uno spazio isolato dal resto del mondo in cui sperimentare, e sintonizzarsi su quel linguaggio purissimo che le parole non riescono ad afferrare.. È da queste sessioni di registrazione che nascerà anche la colonna sonora.
Abbiamo spiegato gli elementi narrativi principali finora, i muscoli di questa struttura narrativa. Ora parliamo dell’apparato motorio di questi elementi narrativi: i raccordi. Cosa porta i nostri protagonisti fino alle prove e allo stesso tempo influenza la loro musica? Secondo le risposte ricevute da tutti in varie sessioni di preintervista, l’elemento che davvero caratterizza il loro stile musicale è il territorio, e più precisamente il paesaggio.
Uno degli elementi dell’orchestra una volta mi ha raccontato che una critica musicale che per la prima volta veniva nelle Marche, dopo aver ascoltato per anni la sua musica, ha esclamato: “Ora capisco perché suoni così! Guarda queste colline, sono come i tuoi assoli!”.
Arrivando alla fusione dei due elementi linguaggio-musica, diventa interessante arrivare ad un approccio etnografico della musica come elemento sociale. Come può la musica americana per eccellenza, il Jazz, approdare nella provincia italiana e radicarsi così profondamente al punto tale da diventarne un suo elemento identitario? È possibile sradicare un genere musicale dalla sua terra natìa per tentare di afferrarne proprio l’essenza? È possibile trovare dei punti di contatto attraverso un linguaggio universale, quale è la musica, e tornare a prima di Babele in cui eravamo tutti uniti da un unico linguaggio primordiale? È proprio sulla base di questi interrogativi che questa ricerca inizia e si completa.
“Scrivere di musica è come ballare di architettura” (Frank Zappa)
La Colours Jazz Orchestra deve la sua evoluzione negli anni anche a varie e prestigiose collaborazioni. Contaminazioni che hanno segnato delle ere creative per l’ensemble. Artisti del calibro di Scott Robinson, Martin Wind, Kenny Wheeler, Paolo Fresu hanno tracciato delle rotte da esplorare lungo gli anni. La figura che però, più di ogni altro ha influenzato l’orchestra è Maria Schneider.
Compositrice e direttrice d’orchestra, sotto la sua direzione l’orchestra assume un andamento sinuoso, forte, femminile.
Un colpo di scena importante nel documentario sarà il viaggio a New York che Massimo Morganti, il direttore della Colours, intraprenderà per andare ad incontrare proprio Maria Schneider.
L’impatto tra il paesaggio collinare e agricolo delle Marche con quello di Manhattan non potrà non suscitare domande su che cos’è il Jazz, al di là delle sue origini e del territorio.
Emilio Marinelli, Filippo Sebastianelli, Gabriele Pesaresi, Giacomo Uncini, Giorgio Caselli, Luca Pecchia, Luca Pernici, Marco Postacchini, Massimo Manzi, Massimo Morganti, Maurizio Moscatelli, Pierluigi Bastioli, Paolo Del Papa, Carlo Piermartire, Michele Samory, Antonello Del Sordo, Luca Giardini, Samuele Garofoli, Simone La Maida, Antonangelo Giudice
foto: Paolo Zitti
Le riprese sono già iniziate, grazie alla produzione di Marche Music College e la coproduzione di Filandolarete, la produzione in Italia è già partita e si concluderà entro novembre 2023. Quello che ci manca è un sostegno economico per completare le riprese a New York.
Abbiamo bisogno del tuo aiuto.
Autore di documentari indipendenti dal 2009, per i primi dieci anni del mio percorso professionale mi sono occupato di diversi conflitti in Medio Oriente e Africa, di Migrazioni nel Mediterraneo e di altre numerose questioni sociali in America del sud, in Asia e in Europa.
Nei miei viaggi ho sempre cercato di mantenere fede alla mia formazione con un approccio antropologico oltre che giornalistico.
Negli anni, con la stessa passione mi sono occupato anche di arte, musica, spettacolo, sport, e l’ho fatto con lo stesso approccio, la stessa metodologia che ho applicato ai conflitti e alle crisi umanitarie: l’interesse per l’uomo e per la sua natura.
Credo sempre di più nel cinema come narrazione del reale perché proprio la mia esperienza personale mi ha dimostrato che può davvero avere un impatto positivo sulle persone, che può davvero cambiare il mondo.
Grazie a un mio documentario, Crossfire, un innocente è stato scarcerato e assolto da una condanna a ventiquattro anni; grazie a un altro, Young Syrian Lenses, diversi studenti che ho incontrato nelle scuole, sono diventati giornalisti e photoreporter.
Questo è ciò che mi fa pensare di fare ancora un lavoro utile.
La domanda che si poneva Bruce Chatwin: “che ci faccio io qui?”, continua a spingermi nella mia ricerca del senso della vita. Una ricerca che continuo a condividere attraverso il cinema documentario.
documentario di
Ruben Lagattolla
prodotto da
Marche Music College
in coproduzione con
Filandolarete
colonna sonora di
Massimo Morganti - Colours Jazz Orchestra
Durata 54 minuti - uscita prevista gennaio 2024
Il film è conforme agli standard europei per la programmazione televisiva.
con il contributo di
Marche Film Commission
Gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) costituiscono una serie di 17 obiettivi concordati dall'Organizzazione delle Nazioni Unite.
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