Il Progetto
Vivere in presa diretta, nel 1968.
Estimatori e detrattori, protagonisti di allora o studiosi del dopo, pigri atleti del sentito dire, persone cresciute in e da quegli autunni. Pare che chiunque abbia già detto tutto, sul '68...
Ma basta un libro come questo per scoprire solo oggi le giornate e le nottate reali, le assemblee, le scelte e l’azione politica vissute minuto per minuto. Un grande e personalissimo racconto, senza retorica di nessun tipo.
La lingua scarna, essenziale di Antonio Mauro ci riporta al cuore di ciò che quegli anni sono stati: antagonismo contro guerra e sfruttamento, studio rigoroso delle idee, progetti di vita in una dimensione collettiva, occupazione di spazi, confronto, crisi e morte del maschio patriarca, diritti da prendersi, costruzione di cultura nuova.
Finalmente il corpo, la parola, il pane.
E tanta festa!
Antonio Mauro è nato a Bova Marina (RC) il 3 maggio 1944. Di famiglia proletaria, frequenta fin da ragazzo la Camera del Lavoro e si iscrive alla Federazione giovanile socialista. Dopo l’ingresso del PSI nel governo (1963), Mauro passa alla FGCI. Nel frattempo emigra nel Nord Italia per lavoro; tornerà in Calabria molti anni dopo.
Dal 1973 al 1976 ha diretto la Camera del Lavoro di Bova Marina. Nel 1988 è stato eletto consigliere comunale, occupandosi soprattutto di ambiente.
In quegli anni inizia a scrivere, ricostruendo nei suoi libri – con una prosa asciutta ed efficace - l’ambiente umano, le condizioni e le speranze che hanno animato nel dopoguerra l’ambiente contadino meridionale e le lotte operaie e sociali a Milano. Situazioni conosciute per esperienza diretta.
"Entra compagno".
"Grazie", le rispose Cosimo.
La compagna era bella, alta, magra, con i capelli biondi venati d’argento e gli occhi azzurri. Lo fece entrare, gli presentò il suo uomo e gli fece vedere la casa: un buon appartamento che divideva con la sorella. Era pratica e gentile e lo mise subito a suo agio: lo portò in cucina e gli presentò altri due compagni, che, a occhio, sembravano non avere più di 30/35 anni. Il primo aveva una fitta barba nera e dalle battute che faceva si capiva che era un tipo allegro. L’altro aveva un grosso paio di baffi; era un po’ stempiato; portava gli occhiali da vista e si esprimeva con una marcata balbuzie.
Cosimo mangiò con gusto quel giorno. Le orecchiette col sugo di pomodoro erano davvero buone. Si sentiva frastornato e confuso ma profondamente felice per la semplicità e l’affetto con cui quelle persone che non conosceva lo avevano accolto. La solidarietà di quei compagni era priva di retorica e di manierismo. Ma l’imbarazzo di Cosimo era tale che, dopo aver mangiato la frutta, invece di rilassarsi e fare un po’ di conversazione chiese stupidamente quanto doveva pagare per quel pranzo. La compagna, dopo un attimo di smarrimento e senza minimamente arrabbiarsi, portò la mano sulla spalla di Cosimo e rispose:
"Non ti preoccupare! Qui facciamo tutto in comune; non è un ristorante e quando ci sarà bisogno ti chiederemo un contributo".
In quella casa nessuno mai gli chiese niente.
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