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Servo muto

Una campagna di
Ezio Partesana

Contatti

Una campagna di
Ezio Partesana

Servo muto

Campagna terminata
  • Raccolti € 5.000,00
  • Sostenitori 38
  • Scadenza Terminato
  • Modalità Prenotazione quote  
  • Categoria Film & corti

Una campagna di 
Ezio Partesana

Contatti

Il Progetto

Sceneggiatura e regia: Ezio Partesana
Aiuto regia: Clelia Notarbartolo

con Vittorio Bestoso e Silvia Ribero

Direzione della fotografia: Mario Mattioli
Musiche originali: Francesco Venturi
Suono in presa diretta: Francesca Mizzoni, Marzia Dalfini

Produzione: Camilla Notarbartolo per Medionauta

Una produzione dell'associazione Medionauta
www.medionauta.org


Premessa

Servo Muto non è un film con una trama e dei personaggi di cui conosceremo la storia, quindi non aspettatevi alcuna catarsi, e certo non è un documentario sul conflitto israelo-palestinese. Servo Muto è un incubo e, in quanto tale, gli è negata qualunque coerenza logica. È un incubo esattamente come lo è la guerra, per un fazzoletto di terra, di cui tratta. Non è stata scelta una strada semplice, lo sappiamo. Noi di risposte al perché di questo scontro non ne possiamo dare, perché se qualcuno avesse la soluzione, forse questa assurda guerra ideologica che dura da tre generazioni e che ancora non vede vincitori, ora sarebbe finita. Dunque non possiamo spiegare qualcosa che nemmeno noi fino in fondo capiamo. Però alcune cose possiamo cercare di comunicarle: l'assurdità di un conflitto che dura da troppo tempo, la disperazione di un popolo e la frustrazione di un altro; e magari la curiosità di sapere quali siano le cause profonde che fanno sì che la storia continui a ripetersi e che israeliani e palestinesi vadano avanti a combattersi benché l'esperienza dovrebbe aver loro insegnato che nessuno dei due, nonostante le battaglie vinte, potrà mai dirsi vincitore della guerra.


Trama

Un uomo, un vecchio, si sveglia una mattina, si alza dal letto, guarda fuori dalla finestra e vede una giovane ragazza che zappa un prato gelato. L'uomo è stupito, la ragazza piena d'odio. I due non si conoscono, ma l'uomo pensa che sia assurdo il lavoro forsennato della ragazza, e la ragazza crede sia colpa del vecchio se deve fare una cosa tanto priva di senso quanto zappare una landa desolata.
L'uomo, che rassomiglia a un ebreo, si mette in cammino per andare al lavoro, mentre la ragazza, che rassomiglia a una palestinese, decide di dargli la caccia e ucciderlo, per liberarsi dalla sua prigionia. Lo raggiunge in una fabbrica deserta e lo uccide, e ascolta l'ultima confessione del vecchio. Dopo di che chiude il corpo dell'ebreo morto in un sacco e lo getta in un burrone.
Ma il vecchio uomo non è morto e dentro il sacco non c'era il suo cadavere. Quando la giovane palestinese lo scopre, la fatica che deve fare, il lavoro che deve sopportare, sono ancora più violenti e inutili, e lei ne muore, mentre il vecchio ebreo ascolta la sua ultima confessione.
In un paesaggio dove ogni cosa è rotta o malata, il vecchio uomo e la giovane ragazza si ritrovano di nuovo vivi entrambi ed entrambi soli. Non possono fare niente, non sanno fare né dire niente che non sia ripetere le frasi che hanno sempre detto. E finisco nudi e tremanti in una ultima tana, dove si accovacciano e la fanno finita col mondo. Eppure nemmeno queste morti sono reali, perché nelle scene finali li vediamo riprendere il loro posto, sempre più stralunati, in un mondo debolmente illuminato dal sole che sorge a Ovest.


Note

Questa è la trama, se trama si può chiamare: scene banali e parole semplici. Una cornice vecchia, una forma elementare, dentro alla quale si muovono due personaggi che sono se stessi e anche l'ombra di se stessi, muoiono e vivono senza soluzione di continuità, parlano in versi ma recitano solo sciocchezze. È difficile immedesimarsi nel vecchio ebreo che si chiama Servo perché ubbidisce ai propri sogni, ed è difficile immedesimarsi nella giovane ragazza che si chiama Nuda, perché solo il suo corpo nudo le è rimasto come arma. Il Servo uccide la Nuda parlando di come sarebbero dovute essere le cose, la Nuda uccide il Servo facendosi saltare in aria insieme a lui.

Abbiamo scelto volutamente una forma semplice perché quando la cornice non necessità di attenzione, si ha più tempo per i contenuti e per pensare. E se si pensa, ci si rende conto che tutto quello che fanno il Servo e la Nuda (l'ebreo e la palestinese, se si vuole...) è deformato e corrotto, e loro ne sono prigionieri. Avvertono confusamente che non è quella la verità, ma non riescono a riconoscere altro che se stessi. Vedono bene che il mondo è in rovina, ma non sanno che farsene e continuano il loro infinito “dialogo interiore”, due muti in un corpo solo.

Noi non sappiamo, e nel film non è detto, che cosa alla fine porterà pace in terra di Israele e in terra di Palestina. Ma non volendo tacere che almeno si prenda sul serio tutto il falso che viene detto e pensato e lo si mostri per quello che è. Sapere che non è questione di razza o di religione e che non è il tempo a dare in proprietà la terra, riconoscere l'impurità dei desideri che non nascono in paradiso ma sono impastati della stessa materia di cui è fatta la storia, e infine parlare una lingua che non è uno strumento neutro ma bensì un prodotto sociale fino nelle sue più intime ed elementari strutture, tutto questo forse non farà di noi degli uomini liberi, ma almeno non ci consegnerà alla ripetizione eterna. Come dire: forse resteremo Servi, ma muti no.


Ezio Partesana

Io sono nato il 7 aprile del 1963 in una normale famiglia borghese, padre medico e madre orfana, di Milano.
Ho studiato in un collegio privato e all'università “La Statale”, dove mi laureai con una tesi sulla dialettica negativa di Th. W. Adorno.
Subito dopo ho cominciato a insegnare, nelle aule universitarie e nei circoli operai, marxismo e dialettica, e a scrivere; il mio primo lavoro fu un monologo tratto da romanzo di Balestrini Vogliamo tutto, mai andato in scena nonostante l'affettuoso aiuto del poeta milanese.
Alla fine degli anni '80 ho cominciato a lavorare come ricercatore socioeconomico, prima presso il centro studi della Cgil e poi per il Cestec, l'Irer e l'Unione Europea; qualche mio studio dovrebbe essere ancora reperibile online.
Il mio primo testo teatrale furono pochi versi scritti per la compagnia di danza di Susanna Beltrami, Sopra un picco in Darién, e lo spettacolo vinse il premio di Nantes nel 1989.
Nel 1997 ho pubblicato una rielaborazione della mia tesi per la Nuova Italia di Firenze (Critica del non vero. Per una teoria dell'interpretazione in Th.W. Adorno), lasciato l'università, e iniziato a lavorare come redattore e traduttore; Mondadori e Rizzoli mi hanno dato da lavorare e di che vivere sino alla fine del millennio e oltre.
Arriviamo agli anni recenti. Attualmente collaboro con diverse riviste e col Centro studi Franco Fortini, non dimenticato maestro di furore e correttezza; saggi su Fortini stesso (Manifestolibri 1996), Ideologia e cultura (Jakabook 1998), Kafka e Adorno (Mimesis 2007) e Beckett (Rivista di Estetica 2010), compaiono più o meno a scadenze regolari, insieme a traduzioni soprattutto di film (Slipstreams A. Hopkins 2008) e documentari (History Channel).
Nel 2004, in occasione della concessione della cittadinanza onoraria d'Ivrea alla premio Nobel Shirin Ebadi, vengono lette alcune mie poesie, cosa della quale, confesso, ero allora assai orgoglioso.
L'anno successivo collaboro con il Piccolo Teatro di Milano per due pubblicazioni sull'Arlecchino di Strehler e sulla storia del teatro; nel mentre vanno in scena due spettacoli del sottoscritto: Facemmo ali al folle volo (sul XXVI canto dell'Inferno di Dante) e Fotodrammi da un film, spettacolo dedicato a “Cabiria” di Giovanni Pastrone e in collaborazione con il Museo nazionale del cinema.
Due le regie recenti: Per un buon uso delle rovine, monologo sulla storia d'Italia e le poesie di Franco Fortini, e La vita di Galileo, prodotto dal Festival Poiesis di Fabriano.
Oggi vivo, tra la mia città natale e Venezia, e lavoro grosso modo sempre alle stesse cose. Un mio piccolo volume di versi vedrà la luce nei primi mesi del 2014 per i tipi della Cfr.


COME SOSTENERCI

La fase di produzione del cortometraggio prevede un budget di 5.000,00 €
Acquistando una o più quote diventerete automaticamente produttori del progetto e ci aiuterete a sostenere i costi di produzione del film: attrezzatura, trasferta, ecc.

Quota minima: 20 €
1 quota 20 €
2 quote 40 €
3 quote 60 €
... e così via


Se riusciremo a raggiungere l'obiettivo, tutti coloro che avranno sostenuto il nostro progetto saranno invitati a festeggiare con noi presso la sede dell'associazione Medionauta!

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Attenzione: nel momento in cui prenoti una quota NON dovrai anticipare denaro. Solo una volta che il traguardo sarà raggiunto e le quote saranno tutte prenotate, ti verrà chiesto di versare il denaro promesso (in contanti o tramite bonifico bancario).

Commenti (3)

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  • SM
    Servo Dal padre del Servo...
    • MC
      Mattia Un grande in bocca al lupo, un abbraccio dal vostro fan n° 19 ^_^
      • SN
        Silvio Auguri!

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