Il Progetto
Si tratta di diciotto racconti, più un prologo, che vanno a comporre una breve raccolta di “short stories”, sospese tra cronaca e invenzione letteraria, che, attingendo al genere gotico e fantastico, e senza disdegnare una sottile vena di umorismo, vogliono narrare di una Scampia poco presente nei mass media e che pure esiste: la Scampia del volontariato, delle associazioni, della gente per bene; la Scampia dei “penultimi”: personaggi, contesti ed eventi reali, ma anche immaginari, verosimili, fantasmagorici, che interagiscono senza sosta, costruendo una realtà ricca, complessa, finanche contraddittoria, spesso sfuggente, ma per questo piena di vita e di senso.
Napoli è una città di mare, la città di mare per eccellenza. Ma il mare è una sirena pigra, che si ferma in riva e aspetta. Non si avventura all’interno della città, nei suoi meandri, nell’hinterland. Il mare a Napoli bagna Posillipo, Mergellina, S. Lucia, non bagna Scampia. Ecco allora che Colino, quando a scuola gli chiedono: “Qual è il contrario di democrazia?”, risponde: “Mare!…”. Lo scettico Tonino Esposito, che durante il carnevale del Gridas è colto da malore e al suo risveglio si ritrova privo della parola, attribuendo la disavventura alla maschera carnevalesca di S. Ghetto Martire, contro la quale si era espresso in termini negativi, le chiede, quasi fosse un santo vero, di perdonarlo e fargli la grazia di presta guarigione. Coincidenza o meno, l’Esposito riacquista davvero la parola e qualcuno grida al miracolo. Un certo Capece, anche nei rari momenti di lucidità, quando non puzza di alcool, continua a giurare e stragiurare che, un giorno, mentre era sull’R5, il bus che trasporta i tossici, questi si è alzato in volo come un aereo e lui dal finestrino ha visto i palazzi di sotto. Tra i resti dell’antica cisterna romana, che insistono a pochi metri dall’incrocio tra via Labriola e via Galimberti, si annida una sorta di “non morto”, che si rende colpevole di efferati crimini. Il prof. Franco Maiello, conduttore del caffè letterario, durante la notte ha un incubo. Gli appare Susetta Spinola, la protagonista di un fumetto di satira socio-politica, che lo accusa di discriminare tra i generi e pertanto di non fare cultura. L’amore di Aldo Bifulco per il verde è tale che un passante si convince, guardandolo mentre passeggia, che con le piante ci parli davvero. La posillipina Chiara durante le vacanze nel Cilento si innamora di Bruno, ma il suo “piccolo grande amore” non regge alla sorpresa che il ragazzo è di Scampia e lo lascia. La pipa di Felice Pignataro ci dice di un modo “diverso” di “essere”. Nezim, un bimbo rom, a scuola deve vedersela con il pregiudizio delle mamme gagè. Carmen, goffa e depressa, fa i conti con la “modella” del manifesto pubblicitario, che diventa suo parametro di riferimento, scatenando in lei rabbia e rancore. Al Vomero scatta la caccia a un ragazzo di Scampia, creduto colpevole di aggressione e violenza a un suo coetaneo del luogo, e poi si scopre che non c’entrava niente. Ma soprattutto c’è la vela, che non accetta di fare da capro espiatorio, non ritenendosi la vera causa del degrado del quartiere, e si ribella, vomitando il proprio odio su quanti vogliono la sua demolizione.
Prendono così corpo, tra le pagine scritte, le difficoltà, le speranze, le inquietudini, i timori, le aspirazioni che connotano l’esperienza nello spazio vissuto dall’autore. Viene messo in scena un processo di identificazione molto forte, ricostruendo e dando sostanza a quell’apparato simbolico, positivo o negativo che sia, con cui gli abitanti del quartiere possono definire l’appartenenza al territorio. E tra i simboli del quartiere ci sono i “fantasmi”, in qualche misura una rappresentazione metaforica dei cosiddetti “penultimi”: ovvero, non tanto gli appartenenti al cosiddetto sottoproletariato urbano, ma tutti coloro che vedono il loro potenziale intellettivo, culturale, relazionale svilito da un contesto avaro di opportunità socioeconomiche. Magari persone con un titolo di studio, competenze certificate, abilità interessanti, valori indiscutibili, che si confrontano però con un mondo inospitale che li costringe ad una vita di “silenziosa disperazione”. La voce narrante è quella di una “persona” che non si riconosce tra gli ultimi degli ultimi, come di norma sono visti nell’immaginario mediatico gli abitanti di Scampia, e che vorrebbe essere considerata per quella che è: una persona normale, libera dallo stigma che investe il quartiere, e che, ovviamente, vorrebbe che si guardasse a Scampia nella sua complessità, superando ogni pregiudizio.
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