Una campagna di
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L'altra faccia dell'impero è un progetto audiovisivo che racconta una parte di città invisibile.
Esistenze chiuse in seicento metri di strada, in un quartiere popolare, costruito su una collina all’estrema periferia nord – ovest di Roma. Lontano da tutto e da tutti, il Quartaccio è figlio di un progetto di edilizia popolare degli anni ’80 che è riuscito a disattendere non solo le speranze di chi ci vive, ma anche degli urbanisti e degli architetti che lo hanno concepito. Le strade principali sono “Via Andersen” e “Via Flaubert”, come se, per dare dignità ad un quartiere, bastasse affibbiargli i nomi di due famosi autori che hanno fondato il romanzo europeo o hanno scritto le fiabe che leggiamo ai nostri figli e alle nostre figlie la sera prima di andare al letto. E così oggi “esiste” soltanto come fornitore di storie di droga, spaccio, violenza.
Eppure si vive anche qui. Qui si sogna, si ama e si muore.
La macchina da presa segue la vita di tutti i giorni di chi al Quartaccio ci abita, osservando il loro modo di sopravvivere alle difficoltà esistenziali, alla precarietà lavorativa e sociale, alle difficoltà economiche. Molte di queste persone sono preda di una solitudine inimmaginabile e si muovono in un contesto totalmente privo di servizi e spazi sociali.
Eppure, nonostante questi vissuti pieni di sofferenza, si scorge dalle espressioni dei protagonisti, dalle loro parole e dai loro gesti, una spinta alla vita e al riscatto fatta di battute fulminanti che permea le loro esistenze con un'ironia tenera e feroce al contempo.
Chi è nato dalla parte “sbagliata” del resto, ha soltanto due strade a disposizione: abbandonarsi al disagio e morire, oppure vivere. Chi sceglie di vivere sa che deve opporsi di continuo a un’evidenza sempre più insensata.
Nell'immaginare la forma da dare a questo lavoro, sono partito dal legame che ho con il quartiere e con la gente che ci abita, raccontando esistenze che si disvelano ogni giorno, esistenze che solo in apparenza sembrano vivere la stessa routine quotidiana.
La bozza della sceneggiatura si basa su diversi filoni narrativi autonomi che percorrono l'intero documentario, alternandosi e talvolta incrociandosi: storie principali e situazioni che rimangono sullo sfondo a creare un montaggio esistenziale.
Storie di vita vissuta sempre ai margini, vite piegate spesso dalla droga e dall'alcool, o da battaglie quotidiane contro le difficoltà. Una birra per iniziare la giornata, la cura della madre malata come riempitivo quotidiano, i lutti da affrontare, la solitudine come minaccia esistenziale. Donne e uomini per cui la parola riscatto e speranza sembrano non esistere.
CHI SONO
Mi chiamo Raoul Garzia e sono regista e filmmaker. Ho realizzato per lo più documentari e reportage sociali e storici che sono andati in onda sui maggiori canali televisivi italiani. Ma sono anche stato un abitante del Quartaccio, dove sono nato e vissuto. Fin da bambino ho abitato quelle strade e stretto legami profondi con le persone che lo abitano
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Le mie esperienze lavorative mi hanno reso consapevole di quanto le narrazioni sulle periferie siano spesso superficiali, colme di stereotipi e costruite solo per fare sensazionalismo. C’è una certa tendenza a mostrare solo la malavita, lo spaccio, la violenza tralasciando le esistenze di chi è accompagnato, sin dalla nascita, dallo stigma della vita di periferia che porta a non raccontare la forza e la resistenza di chi negli anni è stato capace di sostituirsi - attivamente e con gli strumenti e le risorse a disposizione - all’assenza totale di qualsiasi istituzione.
A quarantacinque anni sento che è arrivato il momento di raccontare una realtà che nei media mainstream viene difficilmente mostrata, un racconto – dall’interno – non stereotipato né sensazionalistico ma non per questo edulcorato, proprio grazie al mio ruolo di interlocutore privilegiato ed ex-abitante del quartiere.
E vorrei condividerne la sua realizzazione con quante più persone possibile, perché credo che il mezzo artistico, in questo caso cinematografico, sia una cosa da allargare quanto più possibile. La partecipazione è fondamentale.
PERCHE' IL CROWFUNDING
Fino ad ora ho portato avanti una piccola parte di lavoro sul documentario completamente da solo. Posso sostenere in maniera autonoma le restanti riprese, ma le operazioni di editing, montaggio, post - produzione e distribuzione, sono ancora in sospeso. Per questo la prosecuzione del progetto sarà possibile solo se il lavoro che rimane da fare verrà finanziato attraverso il vostro supporto
Ogni contributo, piccolo o grande che sia, sarà fondamentale per far vivere le storie che sto incontrando e filmando e sarà indispensabile per permettere che il film possa arrivare all’effettiva fase di produzione.
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