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Per caso o per scelta?

Una campagna di
A Roma, Insieme - Leda Colombini

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A Roma, Insieme - Leda Colombini

Per caso o per scelta?

Per caso o per scelta?

Campagna terminata
  • Raccolti € 115,00
  • Sostenitori 8
  • Scadenza Terminato
  • Modalità Raccogli tutto  
  • Categoria Libri & editoria

Una campagna di 
A Roma, Insieme - Leda Colombini

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Il Progetto

PER CASO O PER SCELTA?

Il carcere è l’istituzione deputata all’espiazione della pena per atti di violazione della legge e deve essere orientato al reinserimento del condannato nella società, come previsto dall’art.27 della Costituzione Italiana. A tale scopo al suo interno si svolgono attività mirate al riscatto e alla riabilitazione dei condannati, rendendo così il carcere anche un osservatorio utile per individuare pratiche educative e culturali di prevenzione sociale.

Il progetto Per caso o per scelta?  ha visto impegnati in attività di riflessione, lettura e scrittura un gruppo di detenuti della Casa Circondariale di Rebibbia, gli studenti del Liceo "Benedetto Croce" e alcuni studenti tirocinanti del corso di Laurea Magistrale in Scienze Sociali Applicate, La Sapienza Università di Roma. Lungo tale percorso, durato quasi un anno, uomini reclusi e giovani liberi si sono impegnati in uno stimolante confronto sui temi della responsabilità, della giustizia e della legalità, attraverso il racconto delle proprie storie di vita.

Il risultato di questo lavoro è un libro, dal titolo omonimo, che raccoglie i racconti scritti e documenta i momenti di discussione e confronto. Un libro che testimonia la necessità di incrementare e sviluppare le azioni culturali e educative per nutrire la coscienza democratica del nostro Paese.

Il progetto è stato ideato dall’Associazione “A Roma, Insieme - Leda Colombini”, promotrice di attività di sostegno e sensibilizzazione a favore della popolazione detenuta, e da “Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie”, impegnata nella lotta alle mafie e nella diffusione dei valori della legalità e della giustizia.

La scrittura sottrae la vita alla distrazione, alla prevedibilità del quotidiano, ricostruisce il passato, segnala indizi di trasformazioni future. Raccontare la vita è come rifare il percorso una seconda volta, un continuare le storie non dette.

“La penna è un ago con cui rammendo la mia vita”, in questi versi di Tonino Milite è racchiuso il senso dello scrivere in carcere.

LE TESTIMONIANZE:

Di seguito, delle testimonianze di alcuni detenuti che hanno partecipato ai laboratori di scrittura promossi dall’Associazione “A Roma, Insieme – Leda Colombini”:

Scrivo perché  nessuna parola e nessun concetto vadano smarriti.

Scrivo perché  la narrativa permette di vivere altre vite.

Scrivo perché quando lo faccio, non esistono muri che m’impediscano di correre, volare, fare il giro del mondo.

Scrivo per non dargliela vinta, per non lasciar morire quella parte più nobile di me che mi accomuna agli esseri umani.

Scrivo per vivere l’emozione che si prova nel dare un bacio e una carezza alla persona amata. Scrivo per rifugiarmi in un luogo dove poter vivere una vita parallela ed  essere padrone del mio quotidiano.

Scrivo per conoscermi meglio e combattere ansie e angosce.

Non sono mai stato un uomo di molte parole. Fino a quando non ho trovato le mie parole.

(N.T., condannato per truffe)

Mi sono avvicinato alla scrittura in un periodo in cui la mia vita era ingarbugliata come mai prima… Il carcere, privandomi di ciò a cui tengo veramente e lasciandomi da solo, mi ha obbligato a fare i conti con me stesso e a tirar fuori la parte migliore di me, quella che troppe volte ho celato. Scrivere di sé in carcere è imparare a conoscersi con umiltà, criticandosi e perdonandosi non solo per il male procurato agli altri, ma anche per quello inflitto a noi stessi. È abbattere quella parvenza da duri dietro alla quale per troppi anni ci siamo nascosti. È abbassare la guardia e permettere al mondo di avvicinarsi affinché si renda conto che non è solo per i nostri errori che ci deve ricordare.

(A.M., condannato per traffico di stupefacenti)

Ho iniziato a scrivere prima di tutto per raccontarmi la mia vita, per vedere i cambiamenti, le omissioni e gli abbellimenti che il tempo aveva operato, per capire chi ero io per me stesso. Poi mi sono confrontato con gli altri, per poter collocare me stesso, il mio essere uomo-detenuto-malato-pieno di contraddizioni e ombre. Sono riuscito ad accettare la mia complessità perché è la complessità dell’uomo, di tutti gli uomini, e adesso la sento come una ricchezza irrinunciabile.

(F.A., condannato per reati legati alla tossicodipendenza)

Io scrivo! Nel raccontare le storie, i sogni dei miei compagni ho trovato un senso di appagamento verso un’umanità afflitta che pochi conoscono. Quando scrivo mi estraneo dal mondo, vivo in silenzio solo con me stesso, e  dal silenzio traggo il coraggio di vivere. A volte mi ritrovo bambino e nelle mie notti insonni amalgamo il mio vissuto. Poca cosa so della vita. Molte le sensazioni tristi, poche le note felici. Difficile confessare questa ansia, difficile il tramonto. Il passato è perso, il futuro è fumoso, quasi non esiste. E io scrivo.

(L.G., condannato per concorso in omicidio)

Commenti (1)

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  • AF
    Al Bella iniziativa, del carcere bisogna parlare! E lottare per superarlo!