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Il film nasce dal bisogno di lasciare una testimonianza di questo piccolo spazio di resistenza nato a Napoli: un’esperienza permanente di teatro migrante.
Raccontare un luogo che non è un luogo fisico, ma ha il carattere della possibilità, è diventata un’urgenza, per la memoria e per il futuro. Ma c’è anche la voglia di parlare di questo laboratorio come luogo in cui si sta, si può stare, che si può lasciare e in cui si può tornare. Un luogo di passaggio, una frontiera aperta, ma anche una casa.
Da quando abbiamo girato il video promo dello spettacolo “Se una notte di mezza estate i Bottom Brothers” (da cui prende il titolo il film), ci siamo resi conto che si stava concretizzando la vecchia idea di realizzare un lungometraggio, eravamo in attesa del momento giusto. Il momento è arrivato.
Linda Dalisi e Adriano Foraggio
Un gruppo di persone di diversa provenienza e status, partecipa a un laboratorio teatrale per attori non professionisti. La città in cui si svolge il laboratorio è Napoli, anche se non si vede mai.
Il pretesto della messa in scena di uno spettacolo costringe i personaggi a condividere lo spazio teatrale, portando al suo interno individualità e storie di vita. Il gruppo è molto numeroso e i protagonisti sono alcuni stranieri provenienti da diversi paesi: Iran, Costa d’Avorio, Egitto, Burkina Faso, Mali, Senegal, Argentina, Francia e Spagna. Con la loro ansia di fare diventano leader e trascinatori del gruppo, in cui ci sono anche ragazze italiane.
La scelta di mettere in scena “Sogno di una notte di mezza estate” di William Shakespeare visto dal punto di vista di un suo personaggio, Bottom, li fa entrare in contatto con la dimensione del sogno. Bottom è colui che incontra Titania, la regina delle fate, e da lei è amato per una notte, nonostante sia trasformato in asino, e quindi trasfigurato. Colpisce di questo personaggio la sua “febbre d’arte”.
Ma durante le fasi di preparazione dello spettacolo, incontro dopo incontro, ci si rende conto che tutto il lavoro, e di riflesso tutta la vita dei partecipanti, è condizionato da una costante attesa. L’attesa della luna piena, di un personaggio (sempre) mancante, come l’attesa di un permesso di soggiorno, l’attesa di conoscere quale sarà la parte, come l’attesa di essere ricevuti dalla commissione, l’attesa del successo, l’attesa della libertà. C’è chi aspetta il giorno in cui riabbraccerà sua figlia e intanto costruisce il suo presente lontano da casa, chi aspetta un lavoro, chi aspetta che il riconoscimento di uno “status” gli restituisca dignità, chi aspetta che un parente ritorni, chi aspetta notizie da casa.
Scene di laboratorio si alternano a momenti di rappresentazione.
Scene di uno spettacolo reale o immaginario, questo lo spettatore non lo capirà fino in fondo.
Tutti i personaggi dello spettacolo che si sta preparando, quindi, sono Bottom, ognuno con un suo punto di vista; così il Bottom di Shakespeare diventa una molteplicità di Bottom (i Bottom Brothers) e la loro storia da mettere in scena si confonderà con quella dei personaggi reali del film.
Lentamente appaiono anche due figure al limite tra realtà e immaginazione: uno è Charlot, custode del teatro e l’altro è Oberon, personaggio del testo di Shakespeare che assegnerà i ruoli della storia agli attori e preparerà tutti. “Essere pronti è tutto” è il suo motto rubato ad Amleto.
Lavorare con la maschera, con un attore esperto chiamato a condurre un percorso di approfondimento, metterà i personaggi di fronte a un lato inespresso. Quello di un daimon che permette l’incontro con Titania, ovvero la Bellezza, ovvero la Libertà, ovvero la fine dell’attesa.
Non mancherà un momento di crisi e di rottura, quando ci si scontrerà col fatto che c’è sempre un elemento mancante, manca sempre un Bottom, fino al giorno della prova generale: il giorno prima di andare in scena.
Mouhammed Abdala Diagne, Hosameldinne Abdelwahab, Luisa Bernardina Bolanez, Mariela Cafazzo, Raquel Solis Ceballos, Elena Cennini, Oumar Cisse, Maria Corbi, Daniela De Falco, Youba Doumbia, Caterina Giudice, Hamid Reza Haselpour, Saeid Haselpour, Jules Illy, Moussa Keita, Martin Kouame, Maud Le Bris, Abraham Narcisse Kouadio, Valeria Parente, Federica Portanova, Marina Ruggiero, Diala Traore, Marianna Zakaryan. Con la partecipazione straordinaria di Michelangelo Dalisi, Estelle Franco.
Soggetto: Linda Dalisi e Adriano Foraggio
Sceneggiatura: Linda Dalisi
Regia: Adriano Foraggio
Direttore della fotografia: Salvatore Zerbo
Montaggio: Stefano Cormino
Disegno luci e scene: Giuseppe Stellato
Direction d'acteurs: Estelle Franco
Operatori di ripresa: Adriano Foraggio, Salvatore Zerbo
Sound design e montaggio del suono: Franco Visioli
Maschere: Christian Leperino
Collaborazione ai costumi: Graziella Pepe, Cinzia Virguti
Macchinista: Giuseppe De Muro
Fonico di presa diretta: Fiore Carpentieri
Responsabile di produzione: Brunella Giolivo, Francesca Giolivo, Marcella Spagnuolo
Assistenti alla regia: Francesca Giolivo, Marcella Spagnuolo
Segretario di edizione: Guglielmo Caporale
Assistente alla sceneggiatura: Marina Ruggiero
Assistente alla scenografia: Domenico Riso
Fotografia di scena: Alessia Foraggio
Co-produttori:
Compagnia stabilemobile Antonio Latella
EaS lab
Teatro Bellini
Foraggio s.r.l.
con la collaborazione di Interno5
Questo spazio è nato cinque anni fa e da allora vive in cento metamorfosi.
Questo luogo è una casa che si forma ogni volta che ci incontriamo. Ovunque sia.
Questa casa sta. E in questa casa si può stare nel modo che si sceglie.
Questa casa viaggia con l’elio dei palloncini.
E con la corrente del mare.
E col mare cambia e si riforma.
Questa casa vive tanti abbandoni.
Questo spazio è una cipolla e ogni strato parla una lingua diversa.
Questo spazio è una cipolla e tutti gli strati parlano una stessa lingua.
Questo spazio è pieno di spazio eppure non siamo mai troppo lontani.
Qui la bellezza può scegliere di restare in silenzio.
Qui la bellezza ha tanto coraggio, ma non tutti i giorni.
Questo è uno spazio in cui ci piove dentro.
A questa pioggia si può sempre tornare.
Anche dopo cento giravolte.
Qui l’Iran ride con l’Argentina, l’Iraq insegna alla Francia a danzare,
l’Italia improvvisa con la Costa d’Avorio, il Burkina Faso dialoga con Togo e Guinea.
Qui prendi e lasci.
Qui la parola esce con lo sforzo di una forma da un blocco di pietra.
Poi si fa vento.
Qui il vento modella le sculture, il gesto si fa parola.
Qui si cerca il potere di mettere a fuoco a occhi chiusi.
Lo spazio laboratoriale nominato Compagnia di K., è nato nel 2011, per volontà di Francesca Giolivo, che allora insieme a Marcella Spagnuolo lavorava al Ciss (Ong - Cooperazione Internazionale Sud Sud), e che invitò Linda Dalisi a condurre un laboratorio per migranti e italiani. Si può dire che siano loro tre le figure “fondatrici” di questo spazio di laboratorio permanente che mette al centro della propria ricerca espressiva l’idea che l’intercultura sia una pratica, prima che una teoria e che il teatro è strumento valido per sviluppare questa idea.
Il gruppo che lavora all’interno di questo spazio ha un blocco di partecipanti ormai fissi (che nel tempo stanno anche costruendo all’interno della compagnia responsabilità e specificità di accompagnamento al gruppo stesso), e una parte più variabile di persone che di anno in anno, di mese in mese, di settimana in settimana e talvolta da incontro a incontro subisce partenze, nuovi ingressi, ritorni. In questo senso quello che chiamiamo Spazio di K. è come una casa in continua trasformazione.
Nei primi cinque anni di vita hanno attraversato il laboratorio: Argentina, Costa D’Avorio, Mali, Iran, Iraq, Nigeria, Togo, Italia, Egitto, Polonia, Marocco, Somalia, Burkina Faso, Guinea, Pakistan, Spagna, Francia, Siria, Senegal, Armenia, Sri Lanka.
Partendo dalla grande spinta creativa e di pensiero fornita da Italo Calvino, in particolare con le sue Lezioni Americane (ma anche ispirandosi di volta in volta a Le città invisibili piuttosto che a Il castello dei destini incrociati o Se una notte di inverno un viaggiatore), ogni anno il lavoro parte da uno o più testi di riferimento come materiale di indagine, con l’obbiettivo di sviluppare le creatività dei singoli, la partecipazione e l’incontro con l’altro. Il luogo “teatro” è quello che risponde a queste necessità. È un luogo anche immaginario, dove i confini sono quelli delle regole dei giochi e quelli dettati dal rispetto e dell’osservazione della struttura basilare di tutti gli elementi che formano il linguaggio teatrale: dal corpo alla voce, dalla parola al gesto, dall’oggetto alla musica, dal testo al bersaglio di ogni azione scenica, dal rispetto all’interazione con l’altro in uno spazio che ha misure e regole diverse da quelle della vita quotidiana.
La metodologia su cui si basa il laboratorio mette al centro l’espressività del corpo, la sua esplorazione, attraverso esercizi rivolti ad allenare la concentrazione e le possibilità creative. Parallelamente alla scoperta delle proprie qualità (e volontà) di espressione, alcuni esercizi/giochi sono rivolti alla relazione con le espressività altrui. Ci si allena costantemente alla condivisione di uno spazio. L’obiettivo è sempre raccontare qualcosa di se stessi attraverso l’immaginazione.
Ogni anno, nell’ultima fase del percorso creativo, tutto il materiale che si è prodotto negli incontri, in termini di scene, frammenti di racconti o di danze, viene elaborato e va a comporre uno spettacolo, che diventa un momento dedicato al raccontare all’esterno in che modo ci si è incontrati in questo spazio, con tutte le domande che hanno messo in moto la necessità di ricerca.
Dal 2011 ogni anno il gruppo di lavoro, sempre diverso anche per due repliche di uno stesso spettacolo, è andato in scena nei contesti più disparati.
Nel 2013 esce pubblicato per la casa editrice Il Pungitopo il volume “Poi piovve la città” – testimonianza diario dell’esperienza del primo anno di laboratorio, a cura di Marisa Campanile.
LINDA DALISI
Drammaturga di origini napoletane e di formazione scientifica, deve il suo ingresso nel mondo del teatro all’incontro con Leo de Berardinis quando, nel 1999, si trasferisce a Bologna e diventa volontaria nel suo teatro. Da allora ha collaborato in qualità di aiuto regia con Pierpaolo Sepe, Renato Carpentieri. Ha realizzato drammaturgie per Museum, progetto di Renato Carpentieri, nelle edizioni 2004, 2005 e 2008. Nel 2007 inizia la collaborazione con la rivista Hystrio e nel 2008 riceve la menzione speciale al premio Nuove Sensibilità per Più leggero di un sughero, di cui è autrice e regista e che porta in scena nel 2009. Nel 2010 cura la drammaturgia di WNiatri, per la regia di F.Ferracane- D.Pilli- M.Riondino e [H] L_DOPA per la regia di Antonio Latella. Ha pubblicato per Dante&Descartes Messa in scena della mafia, un saggio sul lavoro e il metodo di Emma Dante, a partire dal diario delle prove dell’allestimento di Cani di bancata. Nella stagione 2010-11 è drammaturga del Nuovo Teatro Nuovo di Napoli, con la direzione artistica di Antonio Latella e firma la drammaturgia de La fame (regia A. Cornelio); Misfit like a clown (di cui è anche regista); Guardami (regia P. Sepe); collabora alla drammaturgia di Madame e RosaLux (regia di P. Diogo). Nel 2011 collabora con Antonio Latella alla drammaturgia di Don Giovanni, a cenar teco in scena al Teatro San Ferdinando di Napoli. Nel 2012 porta in scena per Start/Interno5 Mentre d’intorno infuria il mondo (liberamente ispirato a Il soldatino di piombo di Andersen) e firma insieme ad Antonio Latella la drammaturgia di C’è del pianto in queste lacrime (per la regia di A. Latella).
Tra il 2011 e il 2013 debutta Francamente me ne infischio (regia A. Latella, Premio Ubu 2013 miglior regia e migliore attrice protagonista), spettacolo in cinque capitoli ispirati a Via col vento, per cui firma la drammaturgia dei capitoli 2 (Altlanta), 5 (Tara), e, insieme a Federico Bellini, 3 (Black). Nel 2013 firma anche la regia e la drammaturgia de Il silenzio della ragione ultimo capitolo del progetto Il mare non bagna Napoli prodotto dal Teatro Stabile di Napoli, firma con la regista portoghese Paula Diogo la drammaturgia di Poder, debutto all’interno del Festival de Almada, al Teatro Maria Matos di Lisbona. Dal 2010 conduce un laboratorio per non attori provenienti da vari paesi del mondo, con cui ha realizzato gli spettacoli Poi piovve la città (2011), Dopo cento giravolte (2012), Primo studio suLa dodicesima notte di Shakespeare (2013, anno in cui pubblica il libro-diario sul laboratorio Poi piovve la città per Pungitopo Editore), Che terra è questa, liberamente ispirato a La dodicesima notte (2014), Se una notte di mezza estate i bottom Brothers e Otto prologhi e mezzo per Nick Bottom, liberamente ispirati a Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare (2015). Nel 2014 inoltre è drammaturga per Peer Gynt per la regia di Antonio Latella, Teatro Staryj Dom, Novosibirsk (RU), e firma insieme a Federico Bellini la drammaturgia di Faust Diesis, saggio di diploma degli allevi della Accademia di Arte Drammatica Silvio d’Amico. Ancora nel 2014 è drammaturga del progetto per “Natale in casa Cupiello”, per la regia di Antonio Latella, in scena al Teatro Argentina di Roma. Nel 2015 debutta, per il circuito campano Il teatro cerca casa, con Diritto al martedì di cui è drammaturga e regista; collabora alla drammaturgia di L_O_V_E di Paula Diogo; debutta in prima assoluta al Festival delle Colline Torinesi, con MA, per la regia di Antonio Latella. Dal 2011 è socia fondatrice di Stabile Mobile Compagnia Antonio Latella.
ADRIANO FORAGGIO
Classe 1984, Adriano Foraggio vive e lavora a Roma. Laureato in Sviluppo e Cooperazione Internazionale, unisce competenze in materia di fotografia e video all’interesse per la Cooperazione Internazionale e l’Antropologia Culturale, con particolare attenzione per il sud del mondo. Nel 2005 svolge servizio di volontariato presso l’OSEPER a Kinshasa (Rep. Dem. del Congo), dove lavora in un centro di accoglienza per minori di strada. Nel luglio del 2006, in Tunisia, completa il corso di formazione in Educazione allo Sviluppo e Cooperazione Internazionale organizzato dal CISS (Cooperazione Internazionale Sud Sud), Ong con cui collabora come volontario durante gli studi. Nel 2007 si reca in India, per un viaggio fondamentale nella sua esperienza fotografica. Nel 2009, in Congo, realizza il progetto fotografico La Parola allo Sguardo e il documentario Questo è il mio paese, mi chiamo Ngoino. Nel 2010/11 svolge il Servizio Civile Internazionale a Kinshasa e, parallelamente, scrive e gira COME GLI UCCELLI - La rue à Kinshasa, finalista in diversi festival del documentario (Primo Premio - Siani Reportage Prize). A luglio 2013 realizza il cortometraggio LA LACRIMA RUBATA ALLA DEMOCRAZIA (in greco: ΤΟ ΚΛΕΜΜΕΝΟ ΔΑΚΡΥ ΤΗΣ ΔΗΜΟΚΡΑΤΙΑΣ) prodotto dalla Comunità Ellenica di Napoli e Campania; il cortometraggio è stato selezionato alla V edizione dell’ Otranto Film Fund Festival e presentato in Grecia dal collettivo degli ex dipendenti della ERT nella trasmissione Κοινωνία Tet@Erte. A maggio 2014, firma il cortometraggio Tournoi des enfants, girato in Senegal (Migliore Opera in Concorso - Festival Nazionale dello Sport Integrato). Dal 2012 collabora con diverse associazioni. Nel 2012, per l’Ong CISS e LESS Onlus, è docente del laboratorio di video-narrazione rivolto a un gruppo di migranti residenti a Napoli. Nel 2014 è docente del laboratorio Media ed esperto di comunicazione del laboratorio Intercultura del Progetto “Lab-irint: alla scoperta dell’identità”, realizzato da ACF Napoli e LESS Onlus. Dal 2013 collabora con Save the Children Italia come formatore ed esperto video in vari progetti del Dipartimento Educazione. Tra marzo e aprile 2015, incaricato dall’Ong Comitato di Collaborazione Medica, realizza il reportage fotografico “BRISER LE SILENCE” e diversi prodotti audiovisivi sulle attività del CCM legate alle violenze sessuali in Burundi.
www.adrianoforaggio.com
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